Trieste, scattano le supermulte a chi sfama i cinghiali

La Provincia avverte la popolazione sul giro di vite deciso a livello nazionale. Chi sgarra rischia sanzioni da 516 a 2.065 euro e sino a sei mesi di carcere
Un esemplare di cinghiale
Un esemplare di cinghiale

TRIESTE Pugno duro contro chi dà cibo ai cinghiali. È entrata in vigore in questi giorni la norma nazionale che prevede sanzioni pesantissime, dai 516 ai 2.065 euro, per chi viene sorpreso a foraggiare gli animali. Nei casi più gravi si può arrivare persino all’arresto dai due ai sei mesi.

La violazione, dunque, ora è penale. Non più una sanzione comminata dalla municipale o dalla Polizia ambientale, ma un’ammenda vera e propria con tanto di segnalazione all’autorità giudiziaria. La Provincia, che insieme alla Regione ha ingaggiato una battaglia contro la proliferazione incontrollata degli esemplari, intende far rispettare fino in fondo il provvedimento.

Una squadra specializzata per “combattere” i cinghiali in Fvg
Cinque cinghiali tra Fossalon e Due Fiumi nella foto scattata da un lettore

Sono numerose, troppe, le segnalazioni di cittadini che si trovano con terreni devastati e recinzioni divelte. Non solo in Carso, ma anche nelle zone periferiche della città. Molti, peraltro, anche gli incontri ravvicinati e gli incidenti. L’ultimo, in ordine di tempo, il caso del trentaquattrenne triestino che solo pochi giorni fa è stato travolto in scooter da due cinghiali che attraversavano la strada in zona Università. Per lui un braccio rotto. Lo scorso maggio, come tanti ricorderanno, il fatto più eclatante: l’aggressione a Longera di un settantenne, assalito nel giardino di casa. L’uomo, che è stato azzannato al ginocchio e a pochi centimetri dall’inguine se l’era vista brutta. Il suo cane era stato colpito a morte. Non mancano poi le scorribande di intere famigliole di cinghiali in giro per i rioni, che costringono la Polizia ambientale a intervenire armati di fucile.

Sono molti gli esempi di questo genere. Dove sta il problema? L’eccessivo numero di capi che gli enti preposti non riescono a controllare e, soprattutto, la capacità delle bestie di avvicinarsi sempre di più ai centri abitati dove trovano non solo terreni coltivati, ma pure spazzatura fuori dai bidoni e – sta qui il problema – gente che porta cibo. Alcuni anni fa è stata ripresa dalle telecamere di una troupe televisiva una donna che imboccava un esemplare di grossa tagli in zona Conconello. Davanti a casa, in mezzo alla strada.

Trieste, ferito nello “scontro” con due cinghiali
Due esemplari di cinghiale

Un gesto di questo tipo oggi può comportare gravi conseguenze sul piano penale. È proprio la Provincia, con un comunicato del vicepresidente Igor Dolenc, a informare della nuova legge statale contenuta nel Patto di Stabilità. «È entrata in vigore la norma che sanziona, con un’ammenda da 516 a 2.065 euro, chi fornisce cibo ai cinghiali e prevede, nei casi più gravi, l’arresto da due a sei mesi». E ancora: «Il provvedimento, contenuto nel Collegato ambientale alla Legge di Stabilità, è stato approvato dal Parlamento nel dicembre scorso». La pratica di foraggiare i cinghiali, stando all’analisi della Provincia, è una delle cause della presenza di questi animali selvatici nelle aree urbane, senza contare poi che l’abbondanza di cibo influisce in maniera significativa sulle dinamiche di riproduzione della specie, provocandone un incremento.

«Raccomandiamo a quanti non hanno ancora compreso la gravità del loro comportamento – commenta Dolenc – a cessare questa sconsiderata abitudine che non solo aumenta l’interferenza e il conflitto tra attività umane e questi animali, ma incrementa i pericoli». È anche il cibo lasciato per terra per i gatti a solleticare l’appetito dei cinghiali. Il Comune di Trieste già nel 2008 aveva emanato un’ordinanza con sanzioni dai 150 ai 900 euro per i trasgressori. Ora la legge nazionale supera questo provvedimento e assume rilevo penale con notizia di reato.

La Lav, associazione animalista, non si dice contraria al nuovo intervento normativo, ma non lo ritiene esaustivo per risolvere il problema. «È scorretto dare da mangiare ai cinghiali nelle zone cittadine, ma il problema principale non è questo – osserva Patrizia Edera, componente del consiglio direttivo – quanto piuttosto il fatto che sono gli stessi cacciatori ad alimentare gli animali selvatici con il metodo della caccia da posta. L’abbattimento così non funziona perché le femmine che si vedono decimare i maschi aumentano la velocità di riproduzione».

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