Trieste, sulla strada trenta lavoratori ex Sertubi

TRIESTE Sertubi, che Duferco ha dato in affitto al gruppo indiano Jindal Saw Italia, resta purtroppo una delle principali incognite per la realtà economico-sociale triestina. Incognita per chi ancora ci lavora, incognita per chi è fuori dall’azienda e non ha ancora ottenuto una destinazione occupazionale.
Infatti Fiom Cgil, con una nota firmata dal segretario Sasha Colautti, rileva che una trentina di ex addetti Sertubi non è stata ancora riassorbita e che la mobilità cesserà entro la fine di marzo. Dopodichè i trenta ex dipendenti rimarranno sul pavé. Allora Fiom richiama l’attenzione delle istituzione, Regione e Comune, per ricordare loro che esiste un quadro di impegni assunti che va rispettato.
«I corsi di riqualificazione e i colloqui finora sostenuti - spiega Colautti - non hanno ancora portato risultati concreti». «Nel marzo dello scorso anno - insiste - il sindaco Cosolini si era impegnato a rappresentare questa emergenza occupazionale al gruppo Arvedi ma non ci risulta che alcuno dei trenta ex Sertubi sia stato assunto alla Ferriera da Siderurgica Triestina».
«Fiom - rimarca Colautti con esplicito riferimento agli imminenti appuntamenti elettorali - misura la credibilità delle istituzioni sui concreti problemi del lavoro». Questo è il penultimo capitolo della storia Sertubi.
Alla fine del 2012 - rammenta Colautti - venne sottoscritto un accordo tra Jindal Saw Italia e le organizzazioni sindacali Fim e Uilm, non siglato però da Fiom, in seguito al quale rimase in attività un’ottantina di addetti, mentre oltre 130 lavoratori furono accompagnati alla porta con la scorta di due anni di Cassa integrazione e con procedura di mobilità.
Per risvegliare il duo Regione&Comune, Fiom mobiliterà gli ex Sertubi in piazza Unità, profittando del primo consiglio comunale marzolino. Ma la suspence vale anche per i 77 addetti ancora operanti nello stabilimento situato nell’area dell’ex Arsenale.
Come osserva il rappresentante unitario della Fim Michele Pepe, a metà marzo è previsto il “verdetto” della Commissione Ue sulla faccenda dei dazi comunitari al 32% imposti ai tubi di ghisa importati dall’India. Una faccenda deflagrata lo scorso autunno che, se confermata da Bruxelles, potrebbe compromettere la residua attività di Sertubi, perchè Jindal chiuderebbe il sito triestino.
Pepe spiega che il punto di caduta più ragionevole sarebbe un dazio meno pesante (dal 32 al 20%, per intenderci) sui tubi importati “finiti”, mentre nessuna gabella dovrebbe incidere sui prodotti semi-lavorati che vengono in gran parte completati nella fabbrica triestina. L’esponente cislino - ricordiamo che in Sertubi ha vinto Fim con due “rsu” e una terza è andata alla Uilm - non rinuncia alla polemica con Fiom: «Fa polemica su un accordo che non ha firmato. Non si può pretendere che Arvedi, dall’oggi al domani, risolva tutti i problemi occupazionali triestini».
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