Trieste. un anno di attesa al Burlo per l’intervento di routine

L’odissea di una triestina di 44 anni costretta a rivolgersi ai medici di Monfalcone per un polipo all’utero
Un reparto del Burlo
Un reparto del Burlo

TRIESTE. Aspettare un anno per un intervento chirurgico di routine. Succede al Burlo di Trieste, al reparto di Ginecologia, a una triestina di 44 anni che ha bisogno di un’isteroscopia per un polipo all’utero. L’intoppo? La donna domandava l’anestesia locale, ma il protocollo non lo prevede. Il fatto è avvenuto a maggio e si è concluso nei giorni scorsi dopo che la paziente, indignata, ha dovuto rivolgersi all’ospedale di Monfalcone. Lì è stata operata nel giro di un paio di settimane.

Il caso viene a galla ora grazie a una segnalazione. «Ho aspettato circa due mesi per fare un piccolo intervento ambulatoriale al Burlo, prenotato tramite Cup», racconta. La signora si presenta all’Irccs con l’impegnativa dell’esame firmata dal medico curante: “Isteroscopia diagnostica e biopsia endometriale - si legge - in anestesia loco-regionale”. Prima di procedere, il personale sanitario sottopone alla paziente alcuni documenti, come da prassi, e poi comincia a operare. Ma senza alcun tipo di anestesia.

E infatti, dopo pochi minuti, il medico si ferma perché, davanti ai dolori della donna, non ce la fa più a proseguire. «Ho una soglia di resistenza molto bassa - spiega lei -. Quando ho chiesto al dottore come mai non avesse fatto l'anestesia indicata nell'impegnativa, mi sono sentita rispondere che per “protocollo” loro non la fanno mai, aggiungendo però che avrei potuto fare un giro per calmarmi e quindi riprovare a fare successivamente l’intervento con l'anestesia. O, ancora meglio, richiedere un altro appuntamento per fare la stessa operazione in anestesia totale». Ma la donna, che non resiste più al dolore, dice no. «Si sospende l’esame per intensa dolorabilità», annota il medico.

«Arrabbiata per la situazione, decido di riprovare con l’anestesia in un altro momento. Dopo aver pagato il ticket da 37,60 euro che comunque mi è stato richiesto di sborsare, nonostante l’intervento non sia stato portato a termine, tento di prendere un altro appuntamento per fare la piccola operazione come preferivo». E qui arriva la sorpresa: la lista di attesa è di un anno. Troppo.

La quarantaquattrenne gira i tacchi e contatta Monfalcone. «Lì mi hanno fissato subito la data: due settimane e in anestesia totale». Il 9 luglio la signora viene sottoposta all’isteroscopia nelle modalità stabilite. «Ricordavo il Burlo come un ospedale di altissimo livello, ma non è più così. Almeno nel mio caso non lo è stato. Per questo - annuncia la donna, che sottolinea la grande professionalità dei medici di Monfalcone - farò denuncia al Tribunale per i diritti del malato».

La direzione sanitaria dell’Irccs, da poco guidata da Adele Maggiore, chiarisce: «Ci dispiace per l’episodio. La riduzione dei tempi di attesa, specialmente nel reparto di Ginecologia, è un impegno primario. Ricopro il ruolo in direzione da qualche giorno, e questo è uno dei temi che abbiamo da subito».

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