Trieste: un terzo degli asili rischia di non riaprire

L’allarme del Comune finito in un vicolo cieco: non può regolarizzare 200 precari e non può più spendere. La Regione ora sta cercando una soluzione
Di Gabriella Ziani
Bambini all'asilo
Bambini all'asilo

Sono finiti in un vicolo cieco. Solo la Regione, se troverà la norma magica, potrà farli uscire. Un terzo dei servizi educativi del Comune, che comprendono 18 nidi, 30 scuole dell’infanzia e 18 ricreatori per un totale di 1000 dipendenti, rischia di non poter aprire col prossimo anno scolastico. Perché è diventato impossibile assumere di nuovo gli oltre 200 precari che, al contrario, il Comune si preparava a stabilizzare. Potrebbe invece trovarsi senza insegnanti, senza personale, e anche (o soprattutto) senza la legittimità di un soldo da spendere nel settore. Una vera catastrofe, e aggiungiamoci pure nuovi disoccupati. Per evitarla, un paio di mesi. E qualche alchimia normativa.

L’effetto, che Trieste in regione avendo un settore educazione molto articolato e storicamente ricco a proprio carico sente in maniera quantitativamente drammatica, discende sugli enti locali e i loro organici dalla sentenza con cui la Corte costituzionale lo scorso aprile ha bocciato la legge regionale Tondo n. 22 del 2010 sul “comparto unico” del Fvg. Che si era presa molte libertà verso le norme nazionali in fatto di spesa per il personale e quantità di assunzioni possibili. Oltre a prevedere ampie deroghe sul numero di dipendenti pubblici proprio per i servizi educativi e socio-assistenziali.

La sentenza ha imposto al Fvg di adeguarsi alle leggi nazionali. Ha riportato ogni cosa allo stato “quo ante” (ma gli enti locali avevano intanto marciato secondo la norma “locale”). Di fatto, molte assunzioni risultano illegittime. Molte spese oltre il limite. Gli uffici del Personale, in Municipio, stanno affannosamente facendo conti su conti. A oggi risulta un dato da vertigine: con fine agosto il Comune avrà già speso, secondo questi parametri di legge nazionale, tutto ciò che gli è consentito per l’area educazione. E cioé quanto aveva speso nel 2009, limite non superabile stando al decreto 78 dell’ex ministro Brunetta sul contenimento della spesa.

Il Municipio ha sbattuto di faccia contro il problema. Era pronto ad assumere 200 precari con un concorso a punteggio preferenziale e ad aprire un secondo concorso per completare l’organico di nidi e materne. Non potrà fare né l’uno né l’altro. E non gli è più possibile calcolare la spesa per asili e ricreatori compensandola con quella generale. Se letta a sè stante, è appunto esaurita per legge. Un vero semaforo rosso che potrebbe destabilizzare tutti i servizi per l’infanzia. «Il problema delle maestre nei centri estivi - commenta Roberto Treu, l’assessore al Personale che per oggi alle 15 ha convocato i sindacati della Funzione pubblica - al confronto sbiadisce, per importante che sia. Qui rischiamo di restare “senza” il personale». A meno che...

Ieri d’urgenza si è riunito il Consiglio delle autonomie locali, 18 sindaci stretti attorno all’assessore regionale alle autonomie, Paolo Panontin. Che ha promesso in prima battuta, con una legge prossima ad arrivare in consiglio, la salvaguardia dei posti di lavoro altrimenti in bilico. E, in seconda, un’altra legge capace di mettere al sicuro la spesa per i servizi. Ma come? Non si va certo contro una qualunque sentenza, meno che mai contro una sentenza della Corte costituzionale. Il passaggio è così stretto che nessuno sa anticiparne i contenuti. È pura materia legale. Politicamente, sarà materia, una tra le tante, che la Regione dovrà confrontare a Roma, anche se per voler essere troppo “speciali” si finisce a volte specialmente male.

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