Un’ecatombe, 200 aziende perse per strada

Settecentoquarantaquattro (744). Contro oltre 546 aperture. Significa che, in un anno, si sono perse per strada 200 attività nell’Isontino. Un dato che tarpa le ali ad ogni ottimismo.
Questo l’esito dell’ultimo report della Camera di commercio Movimprese. Se nel primo semestre 2016 si era registrato qualche timido segnale positivo nel settore delle costruzioni (edilizia), il secondo ha registrato soltanto in questo comparto 104 chiusure e 59 aperture. Anche l’industria segna il passo con 74 chiusure e soltanto 28 aperture mentre il commercio conferma le sue difficoltà con 89 iscrizioni e ben 198 cancellazioni.
I dati, lo ripetiamo, sono provinciali ma il microcosmo goriziano non è migliore. Anzi.
Il disincanto
della Cgil
Thomas Casotto, neosegretario generale della Cgil, non è per nulla stupito. E ripete concetti a lui cari, già espressi anche di recente. «Partiamo da una considerazione di carattere generale: in questo Paese non si è fatto nulla per favorire la ripresa e la provincia di Gorizia si trova in Italia. Mi fa specie, poi, quando sento i commenti ottimistici degli amministratori regionali che si dichiarano soddisfatti per una variazione positiva dello 0,1% o giù di lì. Ormai, il percorso della crisi è perdurante dal 2008 e i decrementi sono stati a due cifre: quindi, minimi segnali positivi diventano insignificanti», le sue parole.
Quel che è peggio è che i sindacati, la Cgil nella fattispecie, non vedono i presupposti per un vero rilancio. Insomma, non si intravvede ancora luce in fondo al tunnel e la preoccupazione sale perchè i numeri sono in caduta libera. Mese dopo mese.
I settori
in difficoltà
«Non ci sono nuovi investitori. Non vedo la fila di nuove aziende pronte a impiantare una sede nell'Isontino», aggiunge Casotto, secondo cui «il 2017 sarà un anno molto duro». Altro che ripresa. Altro che ottimismo. Se la gran parte dei settori sconta scarti minimi o mantiene sostanzialmente in pareggio il rapporto tra iscrizioni e cessazioni, soffrono anche il commercio all'ingrosso con 65 chiusure e soltanto 27 aperture. Spostandosi al commercio al dettaglio, ormai la proporzione è questa: per ogni nuovo negozio che apre in città, in sostanza, ne chiudono due. E a pagare il prezzo più alto alla crisi generalizzata del comparto sono i piccoli negozi e le botteghe storiche, che stanno via via sparendo, per lasciare spazio a grandi magazzini, supermercati e insegne in franchising. Poche le eccezioni, che si concentrano soprattutto nel centro cittadino, capace negli ultimi anni di tentare almeno a invertire la tendenza generale. Preoccupa anche il tasso di disoccupazione complessivo che tocca l'8,7 per cento, valore superiore a quello di tutte le altre province, visto che Trieste (8,1), Udine (8,5) e Pordenone (6,8) registrano comunque dati migliori. Significa che il lavoro, semplicemente, non... c'è. In provincia, insomma, abbiamo una disoccupazione molto elevata che sfiora il 9%, probabilmente sottostimata, ma anche una precarietà in continua espansione. Questa è la dura realtà che non può essere nascosta. E questa deve essere la partita che tutte, proprio tutte, le amministrazioni devono giocare con maggiore determinazione.
Il focus
della Cciaa
«Quello appena passato, è stato un anno complicato e difficile, anche se i segnali positivi non mancano. Credo che il 2017, questa almeno è la speranza, segnerà anche a livello statistico l'inversione di tendenza per il commercio».
Questo il commento sui dati relativi alla natimortalità delle imprese commerciali in provincia di Gorizia del vicepresidente della Camera di commercio Venezia Giulia, Gianluca Madriz. «Onestamente, i dati non fanno che confermare la percezione e le previsioni che avevamo formulato in tempi non sospetti. Due anni fa c'era stata un'impennata nell'ultimo trimestre, che è risultata però un fuoco di paglia: credo che il cambio di marcia vero e proprio sarà registrato dalle statistiche già con quest’anno».
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