Vendita ex colonia, Curia di Gorizia truffata

Su quel progetto avevano creduto e investito in tanti: dai privati, che con l’imprenditore veneto Gianni Moro avevano intrapreso un’operazione immobiliare da 30 milioni di euro, alla Regione, che con Promotur e il Comune di Forni di Sopra avevano scommesso sul rilancio turistico della montagna. In pochi, però, sapevano su quali premesse quel piano era maturato. Storie di tangenti, di banche “saccheggiate” da dirigenti infedeli e di fiumi di denaro mai versati nelle casse della Chiesa. Ora, a sollevare il coperchio sul mistero della compravendita dell’ex colonia Oda, in località Mauria, è la Procura di Udine.
Notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari a Gianni Cibin, 58 anni, di Porcia, allora vice direttore generale di Banca di Cividale spa e, anche a seguito di questa vicenda, messo alla porta dallo stesso istituto ormai da qualche mese, e a Ennio Pavese, 75 anni, di Portogruaro, all’epoca procuratore per conto del Seminario arcivescovile di Gorizia, che della colonia era la proprietaria.
Il maxi fido
Emersa da una serie di accertamenti che la magistratura triestina stava conducendo su Promotur, la vicenda è rimbalzata per competenza ai colleghi di Udine, perchè è qui, negli uffici della Banca di Cividale di via Vittorio Veneto, che Cibin avrebbe abusato dei propri poteri, autorizzando uno sconfino di 1 milione 400 mila euro a favore della Srl Sviluppo 31, cioè della società del gruppo Moro. Somma necessaria all’imprenditore veneto per acquistare l’edificio e i terreni di cui si componeva l’ex colonia. Ebbene, così facendo, assumendo arbitrariamente i poteri dell’organo amministrativo di competenza, l’allora vice direttore avrebbe concesso a Moro uno scoperto di conto corrente non garantito, al di fuori dei poteri di delega a lui assegnati. E senza rispettare l’iter procedurale. A cominciare dalla segnalazione prevista dalla normativa antiriciclaggio, in caso di operazioni sospette come quella: anomala sia per l’entità della somma, sia per le modalità di utilizzo - consentì che l’assegno di 1,4 milioni sottoscritto da Moro fosse cambiato seduta stante in contanti, per un ammontare di 1 milione 240 mila euro (i restanti 160 mila euro furono dati in assegni circolari) -, sia per la destinazione. Da qui, le accuse di appropriazione indebita aggravata e corruzione tra privati.
La bustarella
A monte, secondo l’ipotesi accusatoria, l’idea di Cibin di riuscire a trarre vantaggio dal ruolo di mediatore che aveva proposto di fare tra il venditore e l’acquirente. Ed è qui che si colloca la tangente: i 400 mila euro che gli sarebbero stati consegnati da Pavese. Era il 9 giugno del 2006. Della cosiddetta busta di cassa di quel giorno la Guardia di finanza non ha più trovato traccia. E questo è costato a Cibin - sospettato di averla prelevata dall’archivio il 29 luglio 2010 - l’ulteriore accusa di falsità in scrittura privata e distruzione di atti. Va da sè come, dall’intera vicenda, la Banca di Cividale spa - che sul caso ha sporto denuncia - sia uscita fortemente danneggiata sul piano economico e non solo. Nulla di quanto avvenuto è contestato a Moro, che anzi, con bonifici del gennaio-febbraio 2007, restituì alla banca l’equivalente di 1,4 milioni di euro.
La Chiesa beffata
Chi è rimasto all’asciutto è il Seminario arcivescovile di Gorizia. Perchè, a fronte di un contratto notarile regolarmente sottoscritto il 14 febbraio 2007 - dopo il preliminare del 9 giugno -, la Curia non ha mai visto un soldo di quanto Pavese aveva venduto per suo conto. Calcolatrice alla mano, tolti i 400 mila euro di Cibin, il resto sarebbe finito interamente nelle sue tasche. Lasciando con un palmo di naso la Curia e, in particolare, quel don Valentino Comar che, in qualità di allora amministratore del Seminario, aveva riposto in lui tutta la propria fiducia. Anche per Pavese il pm ha ipotizzato i reati di appropriazione indebita aggravata e corruzione tra privati.
Querele e interrogatori
Convocato l’estate scorsa come persona informata sui fatti, è stato monsignor Cabass - subentrato nell’amministrazione a don Comar -, una volta appresi i contorni della vicenda e con l’assistenza legale dell’avvocato Paolo Marson, di Padova, a presentare a sua volta querela, per conto dell’ente ecclesiastico, contro l’ex procuratore. Nessuna ammissione, intanto, è arrivata dagli indagati. Nell’interrogatorio davanti al pm, Pavese, che è difeso dagli avvocati Nereo Battello (di Gorizia) e Alessandro Giadrossi (di Trieste), si è avvalso della facoltà di non rispondere, mentre Cibin, che è assistito dall’avvocato Maurizio Paniz (Belluno), ha negato di avere mai preso il denaro.
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