Dalla tratta delle bianche all’infibulazione storie di donne prigioniere nel mondo
«Sono stata picchiata quasi a morte da mio zio solo perché avevo salutato dalla terrazza di casa un mio cugino». Amani è nata in Siria ma è cresciuta in Italia. Quando ha compiuto sedici anni, con una scusa, la madre l’ha portata nel suo paese di origine «per qualche giorno». Dopo i primi entusiasmi per un mondo diverso e affascinante, Amani scopre di essere stata promessa in sposa a un cugino, e che in Italia non tornerà più. I giorni passano, Amani si ribella al fidanzamento e a un uomo che non vuole, «e allora, conoscendo il valore della libertà e il valore di essere donna non potevo accettare una condizione di sottomissione, e ho iniziato una mia guerra contro tutto e tutti». La sua storia, narrata nel libro “Siria mon amour” (con Cristina Obber, Piemme) è stata al centro dell’incontro assieme a Farian Sabahi sulla questione femminile in Medio Oriente, uno dei tanti appuntamenti che èStoria ha dedicato alla condizione delle donne obbligate a vivere oggi una qualche forma di schiavitù. Come la pratica dell’infibulazione, raccontata da Khady Koita, o le donne vittime della tratta delle bianche (ne hanno parlato Silvia Comand e Giovanna De Simone). Ignoranza e retaggi di culture arcaiche, è stato detto, tra le cause che riducono ancora oggi tante donne in schiavitù.
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