E la comunità austrotedesca abbandonò in massa la città

Dal libro “Vittoria senza pace - Le occupazioni militari italiane alla fine della Grande Guerra”, pubblicato da Laterza a cura di Raoul Pupo, con i contributi dello stesso Pupo, di Giulia Caccamo e...

Dal libro “Vittoria senza pace - Le occupazioni militari italiane alla fine della Grande Guerra”, pubblicato da Laterza a cura di Raoul Pupo, con i contributi dello stesso Pupo, di Giulia Caccamo e Andrea Di Michele, per gentile concessione dell’editore pubblichiamo un brano del capitolo “Considerazioni e confronti”.

Ben diverso era il rapporto con i tedeschi a Trieste, dove la componente austrotedesca, pur influente, era comunque assai circoscritto, collegata agli ambienti finanziari e di governo e priva quindi di qualsiasi prospettiva all’interno dello Stato italiano: e difatti la comunità abbandonò rapidamente e quasi integralmente la città. Ma se nei confronti degli austrotedeschi i patrioti italiani della Venezia Giulia e Dalmazia provavano l’avversione dovuta al loro essere simbolo della dominazione asburgica,di fronte agli sloveni e ai croati gli italiani delle due regioni nutrivano invece in profondo complesso di superiorità, che li portava a leggere i rapporti fra i gruppi nazionali secondo la polarità civiltà-barbarie. Per i nazionalisti ciò si traduceva in un profondo disprezzo nei confronti degli slavi e rasentava il razzismo, anche se giocato sempre sul piano culturale e non su quello biologico. Per i più moderati fra i patrioti, anche tra coloro che magari dimostravano simpatia per la crescita civile di altre nazioni slave, sloveni e croati dell’area adriatica rimanevano comunque una realtà primitiva in cui ancora embrionale sembrava la coscienza nazionale giudicata frutto di importazione piuttosto che di autonoma maturazione e dunque largamente artificiale, così come artificiale veniva considerato l’incremento demografico dello slavismo urbano, ritenuto frutto avvelenato della politica antitaliana delle autorità asburgiche.

Ma ciò era artificioso e ostile, legittimamente - a parer loro - , poteva e quindi doveva venir rimosso dalle autorità italiane, a cominciare ad esempio da una serie di istituti scolastici la cui recente fondazione era stata percepita come una provocazione nei confronti degli italiani. E rispetto a tali spinte, i comandi delle truppe di occupazione si mostrarono decisamente permeabili.

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