Fabbrica e note, alla Pirelli la produzione diventa arte

I tecnici incontrano i musicisti per trasformare i luoghi di lavoro in cultura condivisa 

Che musica ha l’industria? Ieri, i «quattro colpi di sirena» della Seconda sinfonia di Dmitrij Šostakovič per la fabbrica dei primi del Novecento: acciaio, rumore, fatica pesante della produzione in serie. Oggi, il violino di Salvatore Accardo e gli archi dell’Orchestra da Camera Italiana per il Canto della fabbrica, scritto da Francesco Fiore, per interpretare suoni e ritmi della manifattura digitale degli anni Duemila, con computer e robot, partendo dall’esperienza del Polo Industriale Pirelli di Settimo Torinese (dove il Canto è nato e dove è stato eseguito in pubblico, per la prima volta, l’8 settembre 2017, davanti a mille persone, durante il festival MiTo). Tutta un’altra “civiltà delle macchine” e delle persone che vi lavorano. Dunque, in stagioni di “economia della conoscenza”, anche tutta un’altra musica.

Nel libro “Il canto della fabbrica”, curato dalla Fondazione Pirelli, edito da Mondadori, in libreria da oggi, c’è l’analisi di questi mutamenti hi tech e delle loro rappresentazioni contemporanee. La musica, appunto. Ma anche le immagini e la letteratura, le relazioni industriali, le dinamiche produttive, la cultura d’impresa. La fabbrica del Novecento ha rappresentato una forma della razionalità dominante nel secolo appena concluso, applicata alle logiche della produzione e del consumo di massa. Ma quella razionalità, in tempi di diversa competitività economica, trasforma gran parte delle regole e delle ricadute produttive, in conseguenza delle profonde innovazioni scientifiche e tecnologiche. La fabbrica digitale ne è dunque metamorfosi, innovando radicalmente produzioni e prodotti, materiali, mestieri e professioni, linguaggi, radicamenti sui territori e adattamenti ai mercati globali. Neo-fabbriche o post-fabbriche? Manifatture, comunque, in cui l’innovazione è via via più rapida e sorprendente.

Quale musica, di tutto questo, può interpretare l’anima? L’ispirazione, visto che di musica stiamo parlando, non può che arrivare da una frase di Gustav Mahler: «La tradizione è salvaguardia del fuoco, non adorazione delle ceneri». Sintesi straordinaria di contemporaneità, lungo il crinale sempre mobile di memoria e futuro.

«La cultura d’impresa e la creatività artistica sono tra i fattori più intensi e positivi del cambiamento. E proprio l’arte contemporanea, in tutte le sue forme, ci aiuta a decifrare e interpretare i pur minimi “segnali deboli” dei mutamenti, a dare loro una trama comprensibile, a indirizzarne positivamente le tensioni», sostiene Marco Tronchetti Provera, ceo di Pirelli e presidente della Fondazione Pirelli, nell’introduzione del libro.

La storia del Canto della fabbrica, il progetto della Fondazione Pirelli, comincia con un incontro. Da un lato gli ingegneri, i tecnici, gli operai specializzati di una industria hi tech, digitale, il Polo Pirelli di Settimo. Dall’altro, i musicisti di un’orchestra d’archi. Un confronto originale di linguaggi, competenze, visioni. Un dialogo tra esperienze finora in gran parte ignote l’una all’altra (come si governano le serie di robot guidate da milioni di dati? E come si scrive musica, come si costruisce un concerto?). Nasce così, quel Canto: un «ricercare» su quattro note (mi-do-sol-do diesis), sull’esempio di Bach, che dà forma musicale ai ritmi, alla “matematica”, d’una delle strutture produttive più innovative, una «fabbrica bella», cioè trasparente, accogliente, sostenibile, con la «Spina», la struttura di servizi e laboratori di ricerca progettata da Renzo Piano, architetto particolarmente attento alla luce e all’ambiente (il corpo centrale è circondato da 400 alberi di ciliegio, «la fabbrica nel giardino dei ciliegi») e, naturalmente, sensibilissimo alla musica.

Quella «fabbrica bella» non è un’operazione cosmetica. Tutt’altro. È la scelta di imprimere ancora una volta ai luoghi del lavoro produttivo il segno forte di una grande operazione culturale, che interpreti il tempo e ne sottolinei i cambiamenti: un’operazione economica ma anche una scelta civile, un’affermazione profonda della cultura d’impresa, che guarda alle trasformazioni economiche e sociali, dietro l’innovazione tecnologica e offre dunque alle persone che lavorano nell’industria i valori di una rappresentazione di qualità, riportando in fabbrica, come nei migliori anni dello sviluppo italiano, la letteratura e il teatro, il cinema, la fotografia e, appunto, la musica.

*direttore della Fondazione Pirelli

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