Il regista Gabor e il suo Ibsen “silenziati” in Ungheria

BUDAPEST. «Sono poco flessibile di carattere, poco adatto alle trattative e ai compromessi» spiega Zsambeki Gabor, regista di fama internazionale, da 39 anni direttore del più prestigioso teatro...

BUDAPEST. «Sono poco flessibile di carattere, poco adatto alle trattative e ai compromessi» spiega Zsambeki Gabor, regista di fama internazionale, da 39 anni direttore del più prestigioso teatro ungherese, il Katona di Budapest, che è un po’ come il Piccolo per l'Italia, e che ora si è dimesso per spostare l'attenzione dalla sua persona mentre il teatro, come tutta la cultura in Ungheria, è sotto attacco da parte del governo reazionario di Viktor Orban. Ma questo non vuol dire che il suo ultimo spettacolo, “A nep ellesenge” (Un nemico del popolo) di Ibsen non sia un lavoro di alta qualità e spietata denuncia. Questo è stato considerato il più bel lavoro teatrale del 2014 dalla critica e da un pubblico che ne ha fatto tutti sold out, ma non è stato invitato al Festival Nazionale Teatrale di Pecs che riunisce le migliori cose dell'anno ungheresi. Sono tutti segnali precisi e anche l'Accademia delle arti del teatro e del cinema fondata da Gabor viene presa di mira continuamente, come covo di ebrei, gay, ex comunisti: le sono stati tagliati i finanziamenti, si tenta di farla chiudere, perchè il potere in Ungheria non tollera più voci libere, indipendenti. È un pò quel che accade al dottor Tomas Stokmann che, nella cittadina termale in cui vive, scopre che le acque sono altamente inquinate e nella sua intenzione di denunciare la cosa ha dalla sua parte la maggioranza dei cittadini e un giornale locale, ma non suo fratello Peter, sindaco, che teme il crollo dell'economia locale e la diserzione di tutti i turisti. Alla fine, tutti gli faranno il vuoto intorno.

Gabor, che quest'inverno ha tenuto un seminario a Roma all'Accademia D'Amico, costruisce uno spettacolo di grande nitore, dalle luci sino all’interpretazione degli attori, senza sbavature, che va dritto al nocciolo della questione morale e culturale, alla qualità della democrazia, di cui tutti sono testimoni, come all'inizio con gli interpreti sul fondo, nel buio, che via via escono in scena. E il finale diventa estremamente simbolico, con la casa del dottore e tutto il paese invaso da una fanghiglia marrone appiccicosa, che si spande per il palcoscenico, un pantano in cui tutti si impiastricciano.

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