La danza con l’architettura è matrimonio tra Biennali

VENEZIA. I gesti, i luoghi, le comunità: dall’intimo intreccio di questi tre elementi nasce un progetto di “architettura” dei movimenti, di opera viva in continua evoluzione, capace di “abitare il mondo” e al contempo di rivoluzionare i tradizionali concetti coreografici della danza contemporanea. Questa la sfida o, come l’ha definita il presidente della Biennale Paolo Baratta, l’utopia estetica, sociale e politica pensata da Virgilio Sieni, direttore della Biennale Danza, per il 9° Festival internazionale di Danza Contemporanea di scena a Venezia fino al 29 giugno. In questa visione “mobile”, mai sedimentata, sempre nuova e aperta al coinvolgimento attivo del pubblico nell’atto coreografico, la danza non è più solo “grafia” poetica del movimento del corpo, ma si trasforma in atto liberatorio di tutta una comunità. Dando valore sociale, umano, politico al gesto, al contatto tra persone, al coinvolgimento della polis in un movimento comune, all’interazione tra corpi e ambiente circostante, tra gesto e percorsi urbani, la danza diventa essa stessa territorio e contemporaneamente fonte creativa di nuove geografie poetiche, antropologiche e spirituali. «È un Festival – racconta Sieni - che intende creare aperture e passaggi, viaggi nella città e itinerari di ricerca e ricomporre una storia biologica del corpo articolando la colonna vertebrale di un’opera in movimento».
350 gli artisti coinvolti nelle varie sezioni del Festival (Aperto, Aura, Invenzioni, Prima Danza, Agorà, etc.) per un totale di 42 spettacoli, di cui 26 in prima assoluta e 9 in prima italiana, allestiti in tutta Venezia in luoghi chiusi ed en plein air. Punto di forza di questa edizione l’interazione con la Biennale Architettura: ogni giorno alle Corderie dell’Arsenale negli spazi espositivi riservati ai plastici e ai progetti urbanistici sei palchi ospiteranno una serie di artisti impegnati in azioni coreografiche work in progress. Tra i progetti di punta quelli sviluppati nell’ambito di Biennale College (l’area dedicata alla formazione di giovani artisti) che ha coinvolto giovanissimi danzatori tra i 10 e i 14 anni in un’esperienza di formazione con i più grandi coreografi e ha dato spazio alle performance di professionisti in vari luoghi della città.
Acmè del Festival e della sezione Agorà lo spettacolo “Il Vangelo secondo Matteo”: 27 quadri realizzati da 163 interpreti provenienti da varie regioni d’Italia, con una fase preparatoria preliminare realizzata nei territori d’origine (dal Trentino alla Puglia) e una fase di spettacolo che si concretizzerà a Venezia in tre cicli nel mese di luglio. Per ogni ciclo 9 quadri coreografici eseguiti simultaneamente lasciando al pubblico la possibilità di interagire e di creare un proprio percorso all’interno dell’opera. Leone d’oro alla carriera di questa edizione del Festival sarà il celebre coreografo americano Steve Paxton, padre della contact improvisation. A rendere omaggio alla sua lunga ricerca artistica lo spettacolo Bound (oggi al Teatro Piccolo Arsenale) che torna in Italia dopo 32 anni dal debutto. Leone d’argento invece a Michele Di Stefano. Accanto al Festival anche una mostra fotografica e filmica dedicata ai protagonisti della danza nelle Biennali tra gli anni ’30 e ‘70.
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