«La tv torna al centro La forza del Festival»

Due volte co-conduttore con Mike Bongiorno e Pippo Baudo Oggi suggerisce a Garko di non prendersi troppo sul serio
Di Cinzia Lucchelli
20/03/2015 Milano, trasmissione televisiva Grand Hotel Chiambretti, Nella foto, Piero Chiambretti
20/03/2015 Milano, trasmissione televisiva Grand Hotel Chiambretti, Nella foto, Piero Chiambretti

Due volte co-conduttore, altrettante alla guida del Dopofestival: Sanremo è terra conosciuta per Piero Chiambretti, che ha contribuito anche all’edizione alle porte partecipando alla selezione dei Giovani in gara.

La presenza di Gabriel Garko è stata indicata come la novità di questo Festival. Rivendica il suo ruolo di primo “valletto” a Sanremo?
«Nel ’97 fui il primo a co-condurre un festival nel periodo del “dopo Baudo”, sembrava che senza di lui Sanremo non potesse esistere. Con l’incoscienza degli audaci, il magnetismo di Mike Bongiorno e la bellezza formosa di Valeria Marini il Festival registrò il gradimento del pubblico in termini di numeri e di qualità di spettacolo. Ma nè io nè la Marini avevamo ruolo di valletti. Come anche nel Festival del 2008, con Pippo Baudo, che purtroppo ebbe esiti diversi. Scrivevo pezzi per me e per la trasmissione. Le esperienze mie e di Garko sono molto diverse».

Ha consigli da dare a Garko?

«Premetto che penso che Carlo Conti abbia avuto una buona idea a chiamarlo. Il fatto che se ne parli significa che ha centrato il bersaglio. Sanremo, più che una gara canora, è un’esposizione di sentimenti e di tendenze del Paese reale. La consacrazione di Garko, il bello e l’ambiguo per antonomasia, lontano dai canoni del valletto televisivo, crea curiosità e genera ascolti».

I consigli?
«Altri conduttori del passato gli hanno suggerito di parlare il meno possibile. È una buona scelta se si ha poco da dire. In caso contrario la platea è molto importante, capace di ribaltare un destino. Anche se c’è da dire che oggi l’effetto festival dura solo cinque giorni: accentra interesse, non solo popolare, ma quando si spengono le luci tutto torna come prima. Non mi porrei tanti problemi, direi a Garko che l’occasione è ghiotta, basta poco per delinearsi. Deve togliersi di dosso l’immagine del bello e basta e dimostrare di essere anche bravo. Dovranno essere attenti gli autori a ritagliargli un ruolo funzionale al programma e a se stesso. Non si prenda troppo sul serio, questo in sintesi».

Il suo nome era stato fatto per la conduzione del Dopofestival anche quest’anno. Poi cosa è successo?

«C’era un grande interesse da entrambe le parti per recuperare uno spazio decisivo per il Festival, un territorio che conosco bene. Ma sono subentrati problemi di carattere tecnico-burocratico. La Rai aveva in scuderia altri conduttori da valorizzare.
Lei ha fatto parte della Commissione musicale di Sanremo giovani. È stato difficile la selezione?

«Sì perché le canzoni da ascoltare erano più di 600. Ma è stata un’esperienza importante, mi sono fatto un’idea del panorama italiano di emergenti: qualcosa di buono c’è, il talento continua a lottare insieme a noi. Abbiamo fatto una buon scelta, i cantanti rappresentano generi musicali diversi. Ognuno porta con sé più che uno stile una personalità, non sono cloni di cantanti, sono personaggi unici. Ci sarà qualche sorpresa: si nasconde tra di loro qualcuno che farà strada».

Che idea si è fatto del livello di questa edizione?
«Ci sono partecipazioni eccellenti come quella di Patty Pravo. Nel 1997 interpretò “E dimmi che non vuoi morire”, di Vasco Rossi, che secondo me avrebbe dovuto vincere. Vinsero i Jalisse. Credo ci sia equilibrio, che sia stata fatta una buona scelta musicale ma anche televisiva per un programma che punta a fare non il grande, ma il grandissmo ascolto. La televisione con Sanremo ha una rivalsa, torna a occupare il centro del salotto. Sanremo vendica tutti. Tra l’altro da anni non c’è controprogrammazione e questo aiuta ».

Sarà a Sanremo nei giorni del Festival?
«No perché sono occupato con il mio nuovo programma, una costola dell’Isola dei famosi, che andrà in onda su Canale 5. Tratterà dell’Isola in modo ironico, divertente, raccontandone i retroscena».

Ma lo guarderà?

«Come sempre, a pezzi. Come addetto ai lavori mi interessa più l’impianto scenico, la regia, la partecipazione degli ospiti stranieri, dei comici, piuttosto che la gara in sè».

Tre canzoni delle edizioni passate che non dimentica? «Oltre alla canzone di Patty Pravo, “4/3/1943” di Lucio Dalla e i brani di Adriano Celentano».

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