Lella Costa interpreta Babette «Una lezione di accoglienza»

L’attrice a Gradisca con il racconto di Karen Blixen diventato il film premio Oscar L’estate prossima debutterà in “Human”, al quale lavora con Marco Baliani
Di Alex Pessotto

Pare doppiamente attuale “Il pranzo di Babette”, reading che potremo applaudire domani, alle 21, al Nuovo Teatro Comunale di Gradisca. In primo luogo perché il racconto di Karen Blixen, da cui è anche stato tratto il film premio Oscar, ci porta facilmente a riflettere su temi quali la condivisione, l’accoglienza, la gratitudine, che, forse, attuali come ora non sembrano essere stati mai. In secondo luogo perché protagonista del reading è un’attrice “impegnata” quale Lella Costa il cui lavoro dall’attualità non si può slegare. «Babette è grata per essere stata accolta. Non vuole insegnare a vivere, vuole solo ringraziare. O meglio vuole essere al servizio degli altri come scelta consapevole» afferma l’attrice.

Signora Costa, può raccontarci il suo “Pranzo di Babette”?

«Si tratta di una lettura liberamente tratta da uno dei racconti più straordinari che siano mai stati scritti. E si tratta di una scommessa perché i temi della condivisione, dell’accoglienza che stanno al centro del racconto sono all’ordine del giorno. Non è possibile non riflettere su di essi e trovo meraviglioso poterlo fare semplicemente ascoltando una storia».

È stata l’attualità a suggerire lo spettacolo?

«Difficile dirlo. Di certo, solo con le grandi storie, senza nessuna nota a margine, senza nessuna spiegazione particolare, si riescono a toccare temi importanti e attuali. Nulla ci può parlare dell’attualità come le storie che vengono da lontano».

L’accoglienza, la gratitudine, la condivisione... Temi che non possono non solleticare un’attrice “impegnata” come lei…

«Temi che mi stanno così a cuore e sui quali sto lavorando insieme a Marco Baliani per uno spettacolo che debutterà l’estate prossima e avrà per titolo “Human”. Di come il mondo stia cambiando non ci siamo ancora ben resi conto. Con fatica, dobbiamo trovare il modo di diventare un “noi” diverso da ciò che eravamo prima: non vedo alternative. Ciò evitando facili buonismi, manifestando le nostre paure e magari ponendo dei confini. Però mi piacerebbe che rispetto al concetto di umanità ci fossero confini non valicabili».

Quanto alla gratitudine?

«Credo che la stragrande maggioranza di coloro che vengono accolti siano grati per davvero anche se spesso si finiscono per raccontare storie di coloro che non sono grati per nulla».

C’è anche un’altra attualità: Sanremo...

«Trovo snob chi dice a priori di non guardare il Festival. Sanremo mi incuriosisce, anche se mi annoia abbastanza: è un grande fenomeno di costume, probabilmente non ha molto a che fare con la musica ma è un pezzo del nostro Paese e il nostro Paese bisogna conoscerlo anche quando non ci somiglia fino in fondo».

E i talent-show?

«Sono meglio dei reality! Nei reality sei famoso semplicemente perché “sei lì” anche se non sai far nulla. Nei talent, in genere, devi dimostrare di saper far qualcosa. X Factor mi diverte abbastanza anche se nell’ultima edizione mi è sembrato che cominciasse ad avvertire l’usura del tempo. Poi, certo, dei talent non riesco a comprendere quanti di coloro che vi prendono parte maturino un qualcosa che li permetta di durare: nel mondo dello spettacolo ciò che conta non è tanto pervenire a un risultato quanto mantenerlo. A chi partecipa ai talent spero allora che venga data la possibilità di migliorare».

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