L’horror si insinua nel campo caravan

The Strangers – Prey at Night è il sequel di un grande successo di genere di dieci anni fa

Horror Usa di mestiere che ha avuto buoni incassi in patria, “The Strangers – Prey at Night” è l’atteso sequel di un grande successo di genere di dieci anni fa, “The Strangers”, che era stato scritto e diretto da Bryan Bertino, qui ancora sceneggiatore, mentre la regia è passata nelle mani del quarantenne Johannes Roberts (“47 metri”). Il film capostipite faceva parte, all’epoca, di un’ipotetica trilogia del filone “home invasion” (case tranquille minacciate dall’ingiustificata violenza di un pugno di teppistelli), composta pure dall’ottimo francese “Them” e dalla versione Usa di “Funny Games”. Si trattava di storie che spaventavano anche perché in genere “ispirate a fatti realmente accaduti”, che si chiudevano informando lo spettatore del destino dei carnefici. Accusato ingiustamente di essere troppo debitore di “Them” (di due anni prima), “The Strangers” aveva però una certa originalità d’insieme perché si concludeva nel mistero più assoluto, e si basava sulla tendenza a non mostrare (ad esempio i volti degli aguzzini), a non rivelare. Una caratteristica che rendeva “The Strangers” un diverso tra i simili, anche per tutto quello che riguardava la componente “slasher” (uccisioni con armi da taglio) del film. Bryan Bertino optava per una regia basata sull’attesa e sull’illusione del clichè, costruendo una tensione che spesso veniva sciolta nel nulla e quindi prolungata.

“The Strangers – Prey at Night” invece è un sequel anomalo, ma si fa apprezzare anche per questo. L’omaggio al primo capitolo è tutto nei minuti introduttivi, mentre la location varia, passando dalla campagna isolata al microcosmo di un campo caravan. E poi pure lo stile di regia cambia, transitando da quello più flemmatico di Bertino a quello più dinamico di Johannes Roberts, con inseguimenti, scontri corpo a corpo e tra autovetture, ma sempre con una direzione studiata nei tempi, nella fotografia e nei movimenti di macchina. In generale, questo sequel converte i materiali narrativi dell’originale nello “slasher” più canonico, risultando inevitabilmente più citazionistico. Oltre a omaggi a “Non aprite quella porta”, non mancano infatti altri “déja vu” del filone, a partire dal grandissimo “Halloween”. (pa.lu.)

Tre stelle



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