Mick Jagger e Scorsese nel mondo di “Vinyl” droga sesso e rock’n’roll

di Valentina Cordelli A fine 2015 si è diffusa un'inedita preoccupazione. Una ricerca commissionata dal gruppo FX networks ha rivelato che ci sarebbero troppe serie tv: l'anno scorso sono state...
Di Valentina Cordelli

di Valentina Cordelli

A fine 2015 si è diffusa un'inedita preoccupazione. Una ricerca commissionata dal gruppo FX networks ha rivelato che ci sarebbero troppe serie tv: l'anno scorso sono state addirittura 409 le serie dallo script originale e si teme che gli ascolti, dopo anni di bulimia spettatoriale, potrebbero scendere di fronte a un'offerta ormai troppo vasta. Come orizzontarsi quindi in mezzo a tutte le novità lanciate ogni settimana su canali tradizionali o piattaforme web? In alcuni casi la scelta è (felicemente) obbligata.

Oggi sul canale Hbo negli Stati Uniti e in molti altri paesi tra cui l'Italia (su Sky Atlantic in simultanea notturna alle 3 e in replica alle 21.10 domani) debutta "Vinyl" un music drama attesissimo per motivi fin troppo evidenti. I suoi produttori sono Mick Jagger, Martin Scorsese, che ne ha anche diretto il pilot da due ore, e Terence Winter che ha supervisionato la scrittura dei 10 episodi. A Winter dobbiamo la rinascita delle serie tv con "I Soprano" a fine anni '90, una collaborazione strepitosa con Scorsese per "Boardwalk Empire" (2010-2014) e poi per la sceneggiatura del potentissimo "The wolf of Wall Street".

Il progetto viene da lontano, pare che Jagger nel 1996 abbia parlato con Scorsese di una sua idea di raccontare la vita di un ragazzo nella industria musicale a partire dagli anni '50 fino agli anni '90, facendone un'epopea alla "Casinò" (1995). I tempi si sono poi dilatati, è arrivata la crisi economica e il successo delle serie tv di grande qualità è esploso. Si è così arrivati alla stesura di una storia limitata nel tempo, siamo nel 1973 a New York, ma ben sviluppata in 10 episodi. Il protagonista di questa serie - lanciata a livello mondiale come tutta sesso, droga, eccessi vari e soprattutto rock'n'roll (un altro dei motivi per cui è molto attesa…) - è un uomo di 40 anni in crisi, Richie Finestra, interpretato da un meraviglioso Bobby Cannavale finalmente in un ruolo da protagonista (lo abbiamo ammirato in "Will & Grace" come poliziotto fidanzato di Will, in "Boardwalk Empire" e in "Blue Jasmine" di Allen). Finestra è il fondatore e proprietario di un'etichetta discografica newyorchese, la American Century, che sta per essere assorbita da un marchio tedesco. Tutto è in profonda rivoluzione: siamo a New York e nel 1973, nel raggio di pochi chilometri sta per essere lanciato il primo party hip hop della storia, sta nascendo il punk (Finestra si reca a un storico concerto dei New York Dolls al Mercer Arts Center), il glam rock libera costumi e atteggiamenti e il rock come lo conoscevamo sta cambiando radicalmente.

La competenza di Jagger e Scorsese (ormai poco più che settantenni) sul periodo è indiscutibile (come la passione per la musica del regista stesso che proprio ai Rolling Stones, ad esempio, ha dedicato il documentario "Shine a Light" del 2008), Winter è abilissimo negli affreschi belli e dannati di un'epoca e hanno potuto contare su un gruppo di creativi e artigiani che ha fatto rivivere la New York di quegli anni come non è mai stata rappresentata prima, grazie a molte testimonianze e ricerche (sono stati riprodotti al computer e poi sovrapposti ai muri originali perfino i vecchi graffiti ormai cancellati in una città che non è più sporca e cattiva come negli anni '70). Tutta la storia di crollo e possibile redenzione di Finestra, affiancato da una moglie ex modella della Factory di Warhol (Olivia Wilde) e da collaboratori anche loro sull'orlo del precipizio (Ray Romano) è ovviamente innaffiata da molto denaro, sostanze stupefacenti (la compagnia discografica ha anche un'apposita persona che le procura per tutti), concerti memorabili, vizi e affondi in una società dove la musica diventa soprattutto un grande business. Una colorata e festosa discesa agli inferi che gli spettatori di tutto il mondo non vorranno perdere.

Se "Vinyl" rappresenta il meglio (speriamo) di una tendenza in atto ormai da qualche stagione con serie dedicate al mondo dello spettacolo e alle arti performative con titoli come "Glee", "Smash" (musical), "Mozart in the Jungle" (concerti con orchestra), "Flesh and Bone" (danza) e soprattutto "Empire" (un impero discografico di musica e cultura "nera" contemporanea) e la mescola con una fiera attenzione alla storia (in questo caso dell'immaginario pop e della musica), dall'anno scorso è in piena crescita negli Stati Uniti anche un altro filone che mette al centro dello spettacolo il crimine e le sue storie vere.

Il true crime drama che negli Stati Uniti ha già visto il successo della docu-fiction "The Jinx - La vita e le morti di Robert Durst" (6 episodi per la Hbo dedicati a un celebre pluriomicida; in Italia su Sky Tg24 a fine 2015) e ora delle 10 puntate del documentario "Making a Murderer" (su Netflix, dedicato a Steven Avery, innocente e rilasciato dopo 18 anni in carcere per violenza sessuale e tentato omicidio) ora gioca una carta ancora più pesante trasformando uno dei casi criminali e giudiziari americani più popolari della sua storia in una fiction di grande richiamo. Da due settimane ha debuttato con ascolti altissimi per il canale FX "American Crime Story: The People v. O.J. Simpson" la nuova serie antologica di Ryan Murphy, l'ideatore-re mida che ha già conquistato milioni di telespettatori con "Glee" e "American Horror Story".

Murphy ha deciso di creare una serie antologica occupandosi di casi chiave della storia contemporanea e ha iniziato dal primo caso di tabloid television americana quando una star del football e dello showbusiness - O.J. Simpson qui interpretato da Cuba Gooding Jr. affiancato da un cast importante con John Travolta nei panni del suo difensore e David Schwimmer - incollò davanti alla tv 95 milioni di spettatori che ne seguirono la celeberrima fuga sulle strade della California quando fu accusato di duplice omicidio. Dopo essersi arreso finì in tribunale e quello fu il primo processo a mobilitare tutti i media e a infiammare l'opinione pubblica (il pilot inizia con un diretto riferimento ai tumulti di Los Angeles per il caso Rodney King del 1991), facendo poi nascere anche il canale Court Tv. Nel cast c’è anche Evan Handler, l’attore di Sex&TheCity che è stato ospite a Trieste la scorsa estate e che interpreta l’avvocato Alan Dershowitz, giurista e luminare, che fu consulente per la difesa di O.J. Simpson nel processo d’appello.

Era il 1994. Nasceva la reality tv? In Italia terminava in quell'anno l'epoca importantissima per la storia della nostra televisione di Angelo Guglielmi a capo di RaiTre. Con lui erano nati "Un giorno in pretura" (1988), "Telefono giallo", "Chi l'ha visto". Esattamente nel 1994 arrivava sempre su RaiTre "Storie maledette" di e con Franca Leosini che proprio quest'anno ha conquistato la prima serata del canale con ascolti ottimi e un appassionato gradimento sui social network. Che sia tendenza anche qui?

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