Nick e Meg a Parigi litigano e fanno i conti con lo spirito del ’68

Se un giorno Richard Linklater decidesse di girare un quarto capitolo dopo la “trilogia dei before” (“Prima dell’alba”, “Prima del tramonto”, “Prima di mezzanotte”) potrebbe ispirarsi a “Le week-end” di Roger Michell. Per un attimo sembra di ritrovarsi davanti alla versione agée di Ethan Hawke e Julie Delphie, alle prese stavolta con l’età matura e la routine che inevitabilmente si stabilisce dopo una lunga convivenza, alternando complicità a disincanto, quando la vita si trova a fare i conti con l’amore.
Il film di Michell, noto ai più per la regia della commedia romantica “Notting Hill”, ma capace di prove superiori come “L’amore fatale” o “Persuasione”, gira attorno a una coppia di sessantenni insegnanti di Birmingham, a Parigi per un week-end per festeggiare il trentesimo anniversario del loro matrimonio, tornando a visitare i luoghi dove un tempo erano stati giovani e felici.
“Le week-end” però non è, come può sembrare a un primo sguardo, un semplice spin-off della trilogia di Linklater. Lo stile e la struttura che sono un marchio di fabbrica del regista americano, con i lunghi piani sequenza che accompagnano i dialoghi dell’eterna coppia Hawke-Delphie, in “Le week-end” fanno spazio a un racconto molto più articolato che poggia sulla brillante sceneggiatura di Hanif Kureishi (alla sua quarta prova al fianco di Michell), capace di trascinare lo spettatore in un continuo mutare di emozioni, in una varietà di registri che si alternano mirabilmente per sorprendere con la libertà, emotiva e cinematografica, della Nouvelle vague. Con quell’ondata di freschezza anti-borghese che sapeva alleggerire l’animo, offrendo il sapore unico della leggerezza, della gioventù e di una malinconica e ingenua follia.
Durante la loro breve vacanza, Nick e Meg Burrows, a Parigi per ritrovare “l’esprit du temps” e magari riaccendere la scintilla che un tempo animava la loro unione, non si troveranno solo fare i conti con l’amore, che dopo tanto tempo oscilla tra stima reciproca e attimi di felicità, battute sarcastiche e piccoli rancori, espressi con raffinato humour e understatement tipicamente inglesi. L’intervallo nella capitale francese, costringerà a prendere atto delle conseguenze del tempo che passa infliggendo il castigo di un corpo che non risponde agli stimoli come una volta né corrisponde agli stati d’animo, delle fragilità che tradiscono la paura di perdere l’altro anche se il cuore rivoluzionario che ancora batte in petto urlerebbe la voglia di un’ennesima occasione per conquistare il mondo, e delle frustrazioni che derivano da un successo professionale che, nonostante ci fossero tutte le potenzialità, non è arrivato. L’abilità di Michell sta nell’affrontare questi e altri temi con tocco leggero, modulando i toni con la capacità di far convivere battute esilaranti, momenti di malinconia e rocambolesche avventure senza mai risultare forzato. Trattando tutto con l’apparente normalità che ammanta la vita quotidiana, schiva i clichè dettati dai generi e prende sempre direzioni inaspettate. Una cosa ben più originale rispetto alla pur buona commedia “Marigold Hotel” o all’artificioso “E se vivessimo tutti insieme?”, dove i maturi protagonisti erano ridotti a patetiche maschere.
In “Le week-end” lo spirito del ’68 è ancora vivo, ma ammantato dalla malinconica sensazione dell’occasione perduta, e la citazione di “Bande à part” nell’ultima meravigliosa scena del ballo, non fa che amplificare la portata cinematografica di questa commedia agrodolce, condita di riferimenti della Nouvelle Vague che vanno da Godard alla colonna sonora jazz con la musica di Jeremy Sams (ma ci sono anche Bob Dylan e Nick Drake), ma soprattutto alla natura dei personaggi.
Incantevoli gli interpreti, Jim Broadbent, capace di tutte le sfumature possibili, e l’ombrosa Lindsay Duncan, affiancati da Jeff Goldblum, nei panni del collega yankee, vanitoso e superficiale eppure premiato dalla vita con immeritati successi.
Impossibile non amare alla follia Nick e Meg Burrows, personaggi tra i più godardiani mai portati sullo schermo..
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