Parazzoli e il cardinale riluttante

In “Missa solemnis” un personaggio ispirato alla figura di Carlo Maria Martini
La figura del cardinale Carlo Maria Martini (1927-2012), arcivescovo di Milano dal 1979 al 2002, continua a sollecitare ricordi e riflessioni. Dopo il film documentario Di Ermanno Olmi, “Vedete sono uno di voi”, a Martini è liberamente ispirato il protagonista dell’ultimo libro di
Ferruccio Parazzoli
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“Missa solemnis” (Bompiani, pagg. 128, euro 10,00)
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Il Cardinale è vecchio e stanco. Nell’istituto che accoglie i vecchi gesuiti dalle missioni di tutto il mondo i suoi giorni scorrono lenti, mentre lui guarda il mondo dalla finestra, seduto in poltrona, bloccato, in compagnia di due giovani preti e dei ricordi, una visita e l’altra del suo padre spirituale, un giovane sacerdote di parrocchia. A tratti l’azzurro vivido degli occhi è ancora quello della sua anima; il pensiero è ancora rapido e acuminato. Ma la fine è vicina.


Per questo il Cardinale sta progettando minuziosamente la sua Missa solemnis, il suo passo d’addio. Davanti allo sguardo, sempre, un platano che veglia su di lui, o viceversa.


E poi arriva uno sconosciuto che gli vuole parlare e che conquista la sua attenzione e la sua fiducia per una serie di ultimi scambi serrati e sinceri appena prima della Messa più importante.


Parazzoli, ha conosciuto personalmente e frequentato il Cardinal Martini?


«Con il cardinal Martini avevo avuto una prima conoscenza diretta nell’inverno dell’89, durante un incontro personale all’Arcivescovado di Milano a seguito di una mia “lettera aperta” nella ricorrenza del decimo anniversario del suo ingresso a Milano. Più stretti rapporti con Martini mi si riaprirono con la pubblicazione, da me portata in Mondadori, di Conversazioni notturne a Gerusalemme, dove il Cardinale si trovava allora. Quando lo seppi a pochi chilometri da Milano, all’Aloisianum di Gallarate mi parve finalmente realizzabile il progetto di un volume che raccogliesse il suo pensiero in un’opera organica. Andai a trovarlo, e fu un incontro per me commovente. Nelle sobrie stanze dell’Aloisianum ritrovavo l’essenza dell’uomo Martini. Accettò, con benevolenza e un lampo di autoironia, il progetto del “Meridiano” mondadoriano, Le ragioni del credere, che riuscimmo a portare a termine e a consegnargli personalmente, con una mia introduzione».


Che cosa ha rappresentato come vescovo Martini per la città di Milano?


«Una cultura diversa, l’apertura di un dialogo tra la Chiesa e il mondo laico. Lui, un uomo di Chiesa, ai vertici dell’istituzione, fece della comunicazione lo strumento di sintesi tra le due culture, quella laica e quella cattolica, che un equivoco secolare aveva tenuto separate. Ma la sua azione pastorale in Milano non si limitò di certo all’ambito intellettuale: al centro della sua parola era la comprensione, la consapevolezza dei limiti di ogni uomo, quell’uomo “senza qualità” del quale Martini ha sentito il muto richiamo salire dalla città, scavalcare i tetti delle case. Con la sua parola ha insegnato a non avere paura delle cose che cambiano, ad affrontare l’aspetto dinamico dell’esistenza, il rischio che esso comporta, tra cui, estremo, quello del rapporto con Dio».


Veniamo al suo libro: in una nota introduttiva lei afferma che il protagonista del romanzo è e insieme non è il cardinal Martini. In che senso?


«Il cardinale di Missa Solemnis non è Carlo Maria Martini, da lui trae solo ispirazione, come già feci in altro mio libro con Paolo VI. La situazione, i gesti, l’ambiente in cui si muove, perfino la malattia che gli toglie a poco a poco l’uso della parola è quanto ho seguito e annotato dentro di me, con amore e commozione, nei giorni ultimi della sua vita in cui gli fui accanto. Il protagonista del mio libro è un uomo, oltre che un cardinale di Santa Romana Chiesa. Il cardinale Martini, che io ebbi l’emozione di avere in quei giorni dinanzi a me, era un uomo. Ed è, semmai, quest’uomo che il lettore troverà in Missa Solemnis, ma non vi troverà riportati una sola parola, non un solo pensiero di Martini, come chiunque lo abbia conosciuto e abbia letto i suoi libri può testimoniare».


Quali pensieri attraversano la mente del suo personaggio?


«Nessun dubbio, nessuna paura, ma solo forza e certezza esercitate con un interiore, continuo sorriso. Egli sa che per lui si avvicina la fine terrena, osserva la vita che continuerà dopo di lui, nelle persone, nelle cose, perfino nelle piante, come nel platano che cresce davanti alla sua finestra e che gli ricorda il trascorrere delle stagioni. Si interroga su quale sia stato per lui il disegno di Dio. Poteva essere un altro, forse più eroico, più missionario, invece è salito fino a rivestire la pesantezza della porpora. Ebbene, nonostante l’infermità, confermerà questo progetto, rivestendo, ad ogni costo, i pesanti paramenti della Missa Solemnis».


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