Per Erica e Marco la luna di miele allo stadio Rocco

TRIESTE. Se i sogni si avverassero sempre, allora Eddie Vedder chiederebbe di puntare i riflettori sulla pancia del Nereo Rocco per illuminare una coppia e intonare, solo per lei, “In the moonlight”. Sarebbe la giusta ricompensa. Chi mai rinuncerebbe, infatti, a una luna di miele pur di non lasciarsi sfuggire le uniche due tappe italiane degli inossidabili Pearl Jam, per la prima volta protagonisti, all'apice di carriera, degli stadi nostrani?
Loro, Marco e Erica, convolati a nozze appena una settimana fa lo hanno fatto e forse sarà un caso che provengono dalla città di Romeo e Giulietta, ma c'è qualcosa di veramente sentimentale nella passione con cui sono arrivati ieri a Trieste per ascoltare la band. In mezzo al serpentone sudato, scalmanato, ma assai, assai felici di poterci essere, i neosposini di Verona in fila ai cancelli (che come sempre non si aprono mai precisamente all'orario fissato), confessano che “non si tratta di un vero e proprio viaggio sfumato”, ma “di un rinvio ad agosto”, quando la fatidica luna di miele ci sarà per davvero e, manco a dirlo, farà tappa a Seattle, la patria dei PJ. Il vero irriducibile fan è Marco, spiega una loro amica, Valentina: «Venerdì ha lasciato la moglie a casa per venire con me a San Siro!». Insomma, per Eddie & Co. questo e altro. E lo sa bene chi ha trascorso la notte col sacco a pelo appoggiato al muro dello stadio, per essere ieri tra i primi in fila (è successo anche questo).
Del resto, a Trieste, i fan sono giunti letteralmente da mezzo mondo: in 220 addirittura dagli Stati Uniti. Sempre per rimanere in tema di coppie, una è giunta pure dagli Emirati Arabi, ma sul pratone del Rocco c'erano anche algerini, un gruppo di sette argentini da Rosario, giovani da Cipro e una buona dose di irlandesi, danesi e islandesi. Lo staff di Azalea ha poi segnalato presenze da Moldavia, Malta, Qatar e Russia. Gli italiani hanno fatto la parte del leone e anche qui c'è chi ha macinato parecchi chilometri per assistere al concerto. Emanuele, Leonardo e Giada, età dai 21 ai 28 anni, si sono infilati in auto alle 5.30 a Firenze: cinque ore dopo erano già con altre 70 persone in coda ai cancelli. Per loro è il “primo concerto”, il cemento sembra ribollire ma non si arrendono alla canicola: «Io spero che Eddie canti Just Breathe: è la mia preferita». Alessandro, che invece aveva già visto i PJ a Roma (1996), Verona (2000) e Pistoia (2006), è venuto dalla capitale e non vuole sapere la scaletta già eseguita a Milano. Il perché lo svela una sua amica in simpatico romanesco: «Ce rode sape' che hanno fatto 'na canzone che qui a Trieste magari nun canteranno». Ma non si pensi che a cantare a squarciagola siano solo giovani e giovanissimi: in mezzo alla folla c'è anche la 60enne Gabriella, che venendo da Romans gioca però in casa: «Alla notizia che la mia band preferita veniva qui, mi sono precipitata già al secondo giorno di apertura delle prevendite ad acquistare il biglietto per me e mio marito Marcello, che ho praticamente obbligato a seguirmi oggi nell'avvenuta».
E non sono mancate le famiglie, come il papà bolognese con due bellissimi bambini biondi, di 7 e 5 anni, che volevano a tutti i costi ascoltare “Ten”. Ma il tempo, anche quello delle file, si esaurisce e in un lampo l'onda d'urto dei 30mila si abbatte sul Rocco. La pancia dello stadio è satura di colori davanti al maxi-schermo con le telecronache calcistiche. Sul prato, per ammazzare la noia, si gioca a pallavolo con un palloncino nero. Passano finalmente le 21: l'attesa si spegne, si accendono i riflettori. Niente fronzoli, niente entertainment. Il rock nudo e crudo è servito.
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