Rocco Hunt suona la sveglia
SANREMO. «Due anni fa avevo con me un cornetto. Questa volta ho delle corna per scacciare tutte le malelingue». Rocco Hunt, rapper salernitano, 21 anni, per il suo ritorno all’Ariston ha aggiornato il rito scaramantico. La forze della denuncia sociale delle sue canzoni invece è sempre la stessa. Nel 2014 vinse tra le Nuove proposte con “Nu juorno buono”. Questa volta è in gara tra i Big, con un brano che racchiude senso ed energia già solo nel titolo: “Wake up”, svegliatevi.
Nel testo si legge “Tutti dietro le tastiere, e mo’ chi a fa’ la rivoluzione”. A chi è diretto l’invito?
«Il messaggio non è certo per la sala dell’Ariston ma per lo Stato, la politica, per chi ci gestisce. E per la mia generazione. Insomma, la mia è la richiesta di un risveglio collettivo».
Nelle sue canzoni racconta la sua terra e i suoi malanni però sempre con un pensiero positivo, è un filo costante.
«Credo che la critica negativa non porti a nulla, quella positiva e costruttiva invece può contribuire a cambiare le situazioni. Certo, tra il cantare e il fare, dico sempre, c’è di mezzo il mare. Una canzone non può da sola generare un cambiamento. Ma può risvegliare le coscienze. Da qui nasce “Wake up”, testo fuori dal coro per un Festival tradizionale come quello di Sanremo».
L’hanno definita portavoce del mezzogiorno martoriato. Si ritrova in questo ruolo?
«Non mi sento portavoce, mi sento proprio parte di questa generazione martoriata dalla gestione cattiva del nostro Paese. Lo dico nel brano: “Lo Stato non ci sente, specialmente a noi del Sud”. Speriamo finalmente di abbattere queste barriere».
Per la serata delle cover ha scelto “Tu vuo’ fa’ l’americano”. Perché?
«Cantare Renato Carosone a 21 anni è per me un simbolo: è come dire che la musica napoletana forte nel mondo non morirà mai».
L’ha accompagnata tutta la famiglia a Sanremo, come due anni fa?
«Fabio Fazio nel 2014 si divertì a dire che avevo portato proprio tutti i miei cari. Quest’anno ho raddoppiato: siamo sette o otto. Spacchiamo! » )
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