Se il cellulare mette in piazza la tua vita

“Perfetti sconosciuti” è il nuovo lavoro di Paolo Genovese, con un ottimo cast

“Ognuno di noi ha una vita pubblica, una privata e una segreta”, lo diceva anche Gabriel Garcia Marquez. Ed è questo l’assunto da cui parte “Perfetti sconosciuti” di Paolo Genovese, reduce dai successi di “Tutta colpa di Freud” e “Sei mai stata sulla Luna?”. Per la prima volta, sceglie unità di tempo e di luogo, una casa borghese nel quartiere Parioli. Insomma, tutto è in un interno, in una sera. La storia ha inizio durante una cena tra amici, quando decidono di fare una specie di gioco della verità, mettendo i loro cellulari sul tavolo e i propri segreti più profondi sul piatto. Come da copione, gli effetti sono devastanti, perché ognuno ha almeno un grosso segreto da nascondere, spesso racchiuso in quello che i protagonisti chiamano la scatola nera, il telefonino, moderno custode di messaggi, fotografie e voci in segreteria. Storia profondamente radicata nel presente quella raccontata da Paolo Genovese, sapiente nell’introdurci un po’ alla volta in quello che all’apparenza sembra un innocuo passatempo e che si trasforma in un gioco al massacro. Lentamente, in crescendo, con abilità narrativa, l’ottimo cast si stringe per far posto a tavola, perché la realtà rappresentata è uno specchio e le verità che vengono a galla potrebbero riguardare tutti. Film parlato, ma non verboso. Le parole sono amare, ciniche, pronunciate da attori in parte. Magnifiche Anna Foglietta, Alba Rohrwacher e Giuseppe Battiston. Convincenti gli altri, a partire da Marco Giallini, Valerio Mastandrea, Edoardo Leo e Kasia Smutniak. Tipi umani riconoscibili alle prese con un copione a incastri e con battute credibili. Sette amici, tre coppie e un forse fidanzato non accompagnato, per una commedia italianissima, e fortunatamente cattiva. La commedia si mescola al dramma, ci si diverte ma scivola una lacrima e viene un po’ di malinconia, come ai tempi andati del nostro miglior cinema. Merito di una sceneggiatura scritta a tante mani, come allora, mai banale, mai frettolosa, con la voglia di lasciare più di una risata. Perché “Perfetti sconosciuti” è una commedia amara, punta il dito sull’ipocrisia della società italiana, mettendo a nudo la sua parte inconfessabile, con garbo e senza mezze misure. (cr.b)

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