Laguna in crisi: granchio blu e cambiamenti climatici mettono in ginocchio la pesca dell’Alto Adriatico
Collasso dei molluschi, nuove specie invasive, reti distrutte e addio al pescato tradizionale: pescatori e associazioni chiedono all’Europa un cambio di rotta per salvare il settore

Aumento della temperatura del mare, specie aliene, mucillaggini, sono questi i fenomeni più evidenti dei cambiamenti climatici in atto nell’Alto Adriatico, che se inizialmente hanno colpito la Laguna di Grado e Marano, ora si stanno estendendo anche alle regioni del Veneto e dell’Emilia Romagna. Fenomeni che hanno già provocato una drastica riduzione della produzione di molluschi come i fasolari: calata dell’80% o delle cozze diminuita del 70 – 80 %, sparite da decenni le capelunghe. A causa della mucillaggine che si deposita sui fondali, i molluschi bivalvi, infatti, non riescono a “respirare”, e muoiono.
La produzione ittica
Ma anche la produzione ittica sta subendo delle modifiche, con pesci come il ghiozzo (volgarmente gò), la sogliola, o i gamberetti lagunari e le capelunghe, quasi scomparsi dall’Alto Adriatico. In compenso ci sono specie aliene come il granchio blu che sta proliferando: attualmente dalla Laguna di Grado e Marano si sta spostando in mare aperto. O pesci come i cefali e il pesce serra, ma anche le mazzancolle che stanno diventando sempre più presenti nel nostro mare.
A confermare questa situazione è arrivata anche l’ordinanza del 7 aprile dell’Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale (AsuFc) in cui afferma di aver sospeso la raccolta dei molluschi in alcune zone centrali della Laguna di Marano ) la zona denominata 16UD “B” – Acque Nord), «in quanto è impossibile reperire un quantitativo sufficiente di bivalvi» per effettuare le analisi di routine.
Secondo quanto riferisce il Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria, infatti, la zona in questione è stata chiusa perché nell’ultimo semestre son stati raccolti solamente 75 chilogrammi di “cuore di laguna” detta anche capa tonda, rispetto al milione di chilogrammi che annualmente si raccoglievano in tutta la laguna fino a una decina di anni fa, e quindi non più sufficienti a giustificare il monitoraggio. Attualmente sono undici su diciassette le zone in cui non si effettuano più campionamenti per mancanza di interesse commerciale, ovvero di prodotto.

La denuncia
Per parlare di questo nuovo fenomeno, che i pescatori di Marano Lagunare denunciavano già nell’estate del 2024, lunedì 18 maggio si è tenuta a Goro una riunione tra i rappresentanti dei Distretti dell’Alto Adriatico di Veneto, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia, e le associazioni di categoria, con l’obiettivo di chiedere al Ministero all’Ambiente uno studio specifico. «Vogliamo capire – spiega Achille Ghenda, vicepresidente Confcoperative FedAgriPesca Fvg, presente alla riunione –, cosa sta succedendo riguardo alla situazione ittica e alla molluschicultura, ovvero se l’habitat è ancora idoneo o se a causa dei cambiamenti climatici si sta modificando in modo irreversibile e se c’è ancora qualche speranza che possa riprendersi. Se verrà riconosciuta questa irreversibilità ci sarà bisogno di redigere un piano industriale diverso da quello attuale anche perché le regioni Friuli Venezia Giulia, Veneto e Emilia Romagna coprono il 70 – 80 % della produzione di molluschi fasolari, cozze, lupini, vongole veraci, in Italia. Voglio anche sottolineare che, con l’aumento del consumo di pesce pro capite da 25 a 40 chilogrammi annui, si importa il 70 % del consumo di pesce».
A causa del calo della raccolta di fasolari, da inizio anno, ben cinque attività di pesca della flotta di Grado con la barche a draga idraulica, hanno consegnato in Regione le licenze di pesca. Attualmente la flotta peschereccia di settore è composta da 32 imbarcazioni tra Grado e Marano (erano 40) fino al 2000 erano operative 80 motobarche. Va evidenziato che la più grande flotta peschereccia in Friuli Venezia Giulia, è quella costituita dai 120 pescatori di Marano Lagunare, per il 95% conferiti nella Op Cooperativa San Vito, ma anche qui ogni anno c’è qualcuno che lascia, non solo per le difficoltà del settore, ma anche per la mancanza di ricambio generazionale, diventato ormai quasi irreversibile.

Il futuro della pesca
Quale sarà il futuro della pesca nella laguna di Grado e Marano: dovrà essere modificata, a fronte della situazione legata all'evolversi di quei fenomeni legati al cambiamento climatico o è destinata a esaurirsi con gli ultimi pescatori "romantici" che ancora la svolgono con i sistemi tradizionali? E quale sarà il ruolo dell'Unione Europea sul futuro della pesca in Italia e, nello specifico, del Friuli Venezia Giulia e quindi di Marano Lagunare?
Ne hanno per tutti, Marino Regeni, 64enne pescatore da 45 anni, nonché presidente Cogemo (Consorzio gestione molluschi di Monfalcone), e Nicola Lian, 31enne da 11 anni pescatore nella piccola pesca con reti a tremaglio, che dallo scorso anno con delle nasse speciali stanno effettuando anche la pesca del granchi blu e ogni giorno si trovano ad affrontare le incognite della loro attività. Ma anche il presidente di Confcoperative FedAgriPesca Fvg, Achille Ghenda, pur riconoscendo che la Regione, attraverso l'assessore Stefano Zannier, è sensibile alle problematiche del settore, rimarca che «se l'Europa non cambia la strada dei tagli adottata verso il comparto, prevedo per noi un futuro difficile».

Marino Regeni, sottolinea come «ormai siamo rimasti solo noi fasolari, come attività di pesca ai molluschi. Dal 2013 sono stati avviati alcuni tentativi di introduzione e moltiplicazione che, però, non hanno dato i frutti sperati. Cinque anni fa – rimarca – abbiamo seminato circa 800 quintali di semi di vongole, spendendo quasi un milione di euro della Regione e del Ministero all'Agricoltura e, quando eravamo pronti a iniziare la raccolta, l'Unione Europea ha stabilito che non si può più pescare sottocosta e non ci ha più concesso la proroga, pertanto le vongole non sono state recuperate e il seminato è andato perso. A ciò si aggiunge il fatto che, come ben sanno i consumatori, anche la vongola verace è si è fortemente ridotta nel nostro mare. In più, durante la primavera-estate del 2024 sono venuti a mancare anche l'80-90% dei fasolari e il 70-80% delle cozze. In questa situazione, l'attività della pesca ai molluschi sta vivendo un momento di grande difficoltà economica e occupazionale. Per fortuna, grazie a un accordo con i veneti, ci spostiamo in quelle zone a pescare non avendo più noi molta produzione».
Nicola Lian spiega invece che, «ormai sia in laguna che in mare troviamo tanti granchi blu che creano danni alla reti rompendole: se prima una rete, che è costosa, durava tre anni, ora dura tre o quattro mesi. Oltre a questo – afferma – mangiano tanto novellame. Il pescato si riduce del 40% in quanto, per evitare i danni alle attrezzature, dobbiamo tirare su le reti dopo qualche ora. Io e mio fratello in estate con nasse speciali raccogliamo il granchio blu che è ottimo in cucina e lo vendiamo tutto: sarebbe opportuna la sua promozione, visto che ha mercato, facendolo conoscere. Ricordo che se lo togliamo dal mare e dalla laguna, evitiamo l'inasprirsi di questo grave problema». Ma c'è anche il problema della pesca tradizionale in laguna, forse la più antica, regolamentata da normative comunali, che «è in grossa difficoltà – evidenzia Ghenda – a causa non solo del granchi blu ma anche delle tenofore, delle meduse, che infestano le acque e creano un meno 80% al pescato»
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