Crono e Dolomiti? Pedalando all’Ovest ci sarà da soffrire

Chianti e trittico veneto decideranno i giochi all’80% Ma il conto finale si regolerà dopo Agnello e Sant’Anna
Di Antonio Simeoli

Il punto chiave. Lo cerchi sempre sulla piantina del Giro d’Italia, da inizio ottobre, quando “la corsa più dura del mondo nel paese più bello del mondo” (sì, la frase simbolo della corsa è proprio bella, lascatecelo dire) viene presentata. Lo cerchi quel punto, salita, discesa, quella crono e 9 su 10 sbagli. Perché poi a farla la corsa sono sempre i corriodori e, spesso, le tappe più attese producono il classico topolino. Ma quattro snodi fondamentali quest’edizione del giro d’Italia li ha eccome. Il primo: la tre giorni olandese. Qualcuno riderà leggendo, è vero. Ma come? L’Olanda? Una crono piata di nemmeno 10 km e due tappe per velocisti possono fare la differenza? Possono indirizzare la classifica? Non scherziamo va, con tutte quelle salite di cui è disseminato in Italia il percorso... Eppure, la storia recente insegna: guai a sottovalutare le partenze all’estero. Nibali, il grande favorito alla rosa finale, ne sa qualcosa. Il Tour 2015 per lui inizò male per un ventaglio galeotto che gli fece perdere minuti. Perché le grandi corse a tappe, negli ultimi anni, non si vincono con distacchi abissali.

Gli Appennini al ritorno in Italia? Roccaraso sarà, è vero, il primo arrivo in salita della corsa, ma le pendenze di quella salita sono poca cosa, difficile che uno dei favoritissimi lassù ci lasci le penne, a meno che non sia arrivato al Giro proprio con una preparazione approssimativa. Ed eccoci allora al secondo snodo: la cronometro del Chianti, anticipata da quella salita con sei km di sterrato nella tappa di Arezzo del giorno prima (l’Alpe di Poti) che, specie in caso di maltempo, potrebbe disintegrare la classifica. La crono: paesaggio da favola, ma 40 km da ubriacarsi, il Chianti dunque come il Barolo e il Barbaresco nel 2014 e il Prosecco nel 2015. I minuti tra i big si conteranno, i passisti (Dumoulin) cercheranno di giocare il tutto per tutto avvantaggiandosi sugli scalatori. La crono sarà lo spartiacque della corsa rosa, tocca insomma tirar fuori la frase di “dezaniana” memoria: “il Giro comincia da domani”.

Sestola? Potrebbe far male a chi non ha digerito crono e giorno di riposo. E soprattutto il trittico: salite friulane-dolomiti-cronoscalata all’Alpe di Siusi. Eccolo qui servito il terzo snodo del Giro 2016.

In Friuli Enzo Cainero, l’”inventore” dello Zoncolan, ha disegnato una tappa dura anche senza il mostro della Carnia. Quattro gmp, quote basse, ma pendenze a tratti durissime. Se qualche favorito penserà di salvare la gamba in vista del tappone del giorno dopo venerdì 20 a Cividale avrà brutte sorprese. E il tappone? Quelle salite, sebbene addolcite dall’asfalto, e anche senza la Marmolada, sono l’essenza del ciclismo, la storia del Giro. Chiaro che su Pordoi, Sella, Gardena, Campolongo, ma soprattutto Giau, salita molto impegnativa, chi danzerà in testa al gruppo sarà il favorito alla vittoria di Torino. La crono del giorno dopo all’Alpe di Siusi aggiusterà poi la classifica.

Ma allora non bastano tre snodi fondamentali all’edizione 2016? No, perché se c’è una cosa che, specie nelle ultime edizioni, ha fatto male ai corridori è stata l’introduzione di quelle tappa dal chilometraggio limitato, ma infarcite di traboccheti. Come la Pinerolo-Risoul e la Guillestre-Sant’Anna di Vinadio. Pronti via e da Pinerolo si andrà, il 28 maggio, alla conquista dela cima Coppi, i 2.744 metri del Colle dell’Agnello. Picchiata e, in Francia, Risoul, salita in cui due anni fa in maglia gialla dettò legge Vincenzo Nibali. In 162 km sarà spettacolo. I 134 km del giorno dopo saranno la replica, se possibile ancor più dura. Col de Vars, roba da mito, Col de la Bonette, 2,715 metri, in pratica altra Cima Coppi, e Colle dela Lombarda prima del santuario. Salita, discesa, salita, discesa, salita. Chi srà arrivato all’Ovest col serbatoio vuoto qui pagherà, eccome se pagherà.

@simeoli1972

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