GLI SCHELETRI IN FUGA DAGLI ARMADI

di STEFANO TAMBURINI C’è un altro Mondiale che si gioca fuori dal campo, con regole molto al di sotto di ogni sospetto. E dove quel che appare non è detto che sia meglio di ciò che potrebbe covare...
Di Stefano Tamburini

di STEFANO TAMBURINI

C’è un altro Mondiale che si gioca fuori dal campo, con regole molto al di sotto di ogni sospetto. E dove quel che appare non è detto che sia meglio di ciò che potrebbe covare sotto. Quella che si disputa sullo sfondo delle rivelazioni sui casi di corruzione legati all’assegnazione dei Mondiali 2022 in Qatar è infatti una specie di Olimpiade del malaffare e dei dossier a orologeria. È la guerra di potere fra Joseph Blatter e Michel Platini; il primo è lo svizzero 78enne capo dei capi del calcio mondiale fin dal 1998 e pronto a correre per il quinto mandato nel 2015. Il secondo ha 59 anni e un passato da grande calciatore (Juve e nazionale francese), guida l’Uefa – la Federazione europea – dal 2007, pronto ufficiosamente a prendere il posto dell’altro. Il confronto dovrebbe essere su altri piani ma il calcio è da sempre scenario da lunghi coltelli. E non c’era certo un profumo di candeggina intorno a quella scelta dell’esecutivo Fifa: due Mondiali assegnati al prezzo di uno, il primo alla Russia (2018) e l’altro al Qatar, nel 2022. Già allora, era il 2010, c’era chi dimostrava grande disponibilità alla corruzione e oggi le nuove rivelazioni lambiscono anche Platini per via di un incontro con Mohammed bin Hammar, uomo chiave dello scandalo. Il francese ovviamente dice che è un modo per farlo fuori e la teoria non pare bislacca. Anche perché, a scandalo aperto, è facile distrarre il rivale ma anche spargere promesse di riassegnazione del Mondiale. Nella caccia ai voti per la poltrona più ambita serve anche questo, e pazienza se il tutto è sullo sfondo di centinaia di operai già morti nei cantieri delle infrastrutture qatariote. Quelli con il pelo sullo stomaco son fatti così: il cinismo di Blatter è ben rapppresentato dal suo segretario generale, Jerome Valcke: «Nel calcio troppa democrazia non è un bene». Certo, i metodi spicci degli sceicchi rendono tutto più semplice. E che poi quegli stessi sceicchi finanzino con fiumi di denaro imbarazzanti la maggiore squadra francese non è un dettaglio. Poi, certo, di sicuro uno dei due sarà meno peggio dell’altro, ma è bene ricordare che entrambi amano il calcio degli errori arbitrali, perché così lo si controlla meglio. E, se questo è lo scenario, vedrete che la passeggiata degli scheletri in fuga dagli armadi non finirà qui.

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