Pirlo: «Sarà come una finale del Mondiale»

INVIATO A RECIFE. I brasiliani non amano l’Uruguay. Ragioni storiche (il Maracanazo), ragioni di campanile, ma in generale c’è un sentimento di scarsa simpatia proprio a pelle. E allora noi ci aggrappiamo ad Andrea Pirlo, il più il brasiliano, il più amato dai brasiliani. E forse anche l’unico che può prendere per mano l’Italia e trascinarla al di là del fiume chiamato Fallimento.
Andrea Pirlo, questa vigilia è paragonabile a qualche altra della sua carriera?
«Non si possono fare paragoni, le partite di un Mondiale sono tutte importanti e quelle decisive ancora di più. Questa contro l’Uruguay per noi è come una semifinale, anzi, una finale. E infatti si respira tutta la tensione di una partitissima».
Lei è sempre molto tranquillo alla vigilia di grandi sfide, e ne ha vissute tante. Adesso parla di “tensione”. Questo la preoccupa?
«No, preoccupato no. Siamo consapevoli che questa qualificazione dipende solo da noi. Siamo carichi al punto giusto, sicuri dei nostri mezzi e convinti di potercela fare».
Ottimista...
«Abbiamo grande convinzione perché siamo consapevoli della nostra forza».
Ha in testa il pensiero di una sconfitta?
«Inutile negare che una eliminazione sarebbe una grande delusione per tutti. Per me, per i miei compagni e anche per la Nazione. Ma non è un pensiero che abbiamo in testa, ci stiamo preparando perché non accada. E ci tengo a ripetere il concetto: non è assolutamente un pensiero che ho in testa».
Due partite e due prove quasi agli antipodi. Stavolta che Italia vedremo: quella brillante vista con gli inglesi o quella in grossa difficoltà che ha perso con il Costarica?
«Né l’una né l’altra. Questa è una partita diversa, nessuno gioca per il pareggio».
Però all’Italia sta bene il pareggio.
«Sì ma non andremo in campo pensando a difendere il pareggio. La nostra è nazionale che ha come caratteristica quella di imporre il proprio gioco. Un’Italia insomma che vuole fare la partita e vuole vincere. Ecco, questa è la squadra che vedrete».
Il clima sta condizionando non poco questo Mondiale. Quanto pesa per voi giocare un’altra partita all’ora di pranzo?
«Oramai è chiaro che qui si stanno giocando due Mondiali ben diversi. Ce n’è uno al Nord e uno al Sud. Con il Costa Rica, a Recife, siamo scesi in campo col sole a picco ed è stato peggio che a Manaus. Anche in tv si vede la differenza tra le partite giocate al caldo e quelle in condizioni climatiche diverse. Guardate cosa è successo ad esempio a Germania e Argertina».
Vi spaventa più il clima dell’Uruguay?
«No, sia chiaro che noi non vogliamo alibi. Anzi, dico di più per chiarire il concetto: non servono neanche i time out. Non è un minuto per bere che ti cambia la vita».
Ma un risultato forse sì. Perché questo è l’ultimo Mondiale di Pirlo, al 99 per cento qui in Brasile chiuderà la sua storia con la maglia azzurra, e ci tiene da matti a un addio col sorriso. Uscire subito resterebbe un dolore indelebile anche per uno come lui, signore del calcio che ha vinto tutto.
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