Bimbo precipitato dalla finestra. La mamma patteggia tre mesi

TRIESTE
Non c’è stato soltanto il dolore devastante per la morte del suo piccolo Elvis, di appena 2 anni, precipitato dal quinto piano della stabile di via Paolo Diacono 8, nel rione di San Giacomo. Ora per Tanja Brivevac, 30 anni, bosniaca, è arrivata la sentenza di patteggiamento. Per la giustizia ha praticamente ammesso la colpa di essere stata disattenta. Tre mesi di reclusione con i benefici «per aver omesso di adottare le debite precauzioni cagionando per colpa il decesso del figlio». La sentenza è stata applicata dal gip Luigi Dainotti su richiesta dello stesso difensore della donna, l’avvocato Marco Jarc e dopo l’assenso del pm Federico Frezza, il magistrato titolare del fascicolo.
La tragedia porta la data del 19 novembre 2010. Quella sera, attorno alle 20.30, la donna era andata un attimo in bagno. Ed Elvis, il più piccolo dei figli, dopo averla seguita per pochi metri, era entrato in una stanza vicina. Era salito su un tavolino e si era sporto. Poi la perdita dell’equilibrio che lo aveva fatto precipitare da un’altezza di oltre venti metri mandandolo a schiantarsi sul marciapiede. Il dramma non aveva avuto testimoni. La mamma, uscita dal bagno, aveva sentito la gente che gridava e si era resa conto della tragedia. Si era precipitata giù per le scale urlando con tutto il fiato che aveva in gola. Aveva cercato di raggiungere il piccolo Elvis agonizzante sul marciapiede, ma alcuni inquilini l’avevano pietosamente bloccata nell’atrio.
Il giorno dopo Tanja, distrutta dal dolore, non riusciva nemmeno a parlare. Mormorava come in trance il nome del suo bambino indicando con lo sguardo il lettino attorno al quale erano stati appesi quattro peluche. «Elvis - aveva ricordato il padre Meho Hukarevic, che la sera della tragedia non era in casa perché stava lavorando - era un bambino curioso e allegro. Lo ha tradito la curiosità, la voglia di scoprire».
Cosa fosse successo, l’uomo lo aveva riferito poi anche ai poliziotti, ma senza mai manifestare rabbia o risentimento nei confronti della moglie. Verso la quale anzi aveva manifestato rispetto. «Io sono musulmano - aveva detto - e credo sia giusto che il funerale di Elvis avvenga secondo questa religione, ma Tanja è cattolica ed è giusto che venga rispettato il suo credo».
Il rapporto sull’accaduto era stato trasmesso, come prevede il Codice, alla Procura che in breve aveva aperto un fascicolo d’indagine. L’accusa: omicidio colposo per imprudenza. Tecnicamente si tratta di un atto dovuto. Perché l’azione penale non nostro paese è obbligatoria.
Certo è che la pena maggiore per Tanja Brivevac consiste nel dolore devastante alla quale si è condannata portandosi nel cuore, da quel tragico momento, un rimorso che durerà per tutta la vita.
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