Insulti social a Liliana Segre La condanna delle istituzioni
Il Paese era con il fiato sospeso, con lo spettro di una crisi di governo in piena emergenza pandemica. E mentre milioni di italiani martedì sera seguivano la votazione a Palazzo Madama, lui, Marino Screm, gestore della malga di Pramosio, bene di proprietà regionale nel comune di Paluzza, ha pensato bene di insultare la senatrice a vita Liliana Segre, superstite dell’Olocausto e testimone della Shoah. Al centro del post, una foto di Segre e l’indicazione dello stipendio mensile e di quello annuo percepito come senatrice a vita «per una firma» e, a suo corredo, il commento in friulano di Screm. Che, tradotto, recitava: «Questa cotenna di maiale non va bene nemmeno insieme ai crauti». A seguire, oltre a un discreto numero di “like”, alcuni commenti e le risposte dell’autore. Compresa quella in cui spiega: «Non è solo la questione dei soldi... per come la vedo io una persona che dopo aver vissuto un’esperienza come l’Olocausto ma potrebbe benissimo essere anche un campo di sterminio comunista non può non deve schierarsi politicamente perché così facendo offende la memoria dei caduti di ogni sterminio e di ogni guerra».
Un post, poi rimosso, che ha innescato una catena di reazioni indignate.
«Provo imbarazzo e sdegno», la risposta lapidaria dell’assessore alle Attività produttive e al Turismo, Sergio Bini. «Se non chiederà pubblicamente scusa – aveva affermato l’assessore Bini –, lo considererò una persona non degna di ricoprire certi ruoli. È ora di finirla con l’uso indiscriminato dei social network. Quanto scritto di una persona che ha subìto una sofferenza che ci auguriamo il genere umano non provi mai più è gravissimo. Bisognerebbe intervenire a monte, con una regolamentazione che consenta di bloccare anche i messaggi, oltre che le immagini». A seguire, la non meno dura nota del presidente del Consiglio regionale del Fvg, Piero Mauro Zanin. «Un insulto ingiustificabile e vergognoso che non può passare inosservato, a maggior ragione se indegnamente formulato da colui che gestisce un bene regionale ad alto impatto simbolico e, nei cui confronti, si devono attivare immediate procedure di verifica».
Ma non è finita. Perché nel giorno della bagarre parlamentare, anche il consigliere regionale triestino Antonio Lippolis ha pubblicato un altro post contro la senatrice Segre. «Se per me uno sbaglia sbaglia e mi arrogo il diritto di libertà di pensiero. Basta con le minoranze e le categorie protette. Avete rotto il c.», scrive il leghista. Strappando 136 “mi piace”, ma aggiudicandosi anche la rampognata del presidente Zanin. «Chi riveste una carica istituzionale è chiamato a mantenere un linguaggio adeguato al ruolo, nella scelta dei contenuti e della forma che è anche sostanza. Criticare compostamente scelte politiche – dice – significa esercitare la libertà di pensiero, farlo con attacchi personali, toni fuori luogo e scomposti riferimenti a religioni e minoranze, è inopportuno quanto inaccettabile». —
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