La tragedia del Vajont tra memorie e speranze

Aperta con uno spettacolo-evento sul disastro di 50 anni fa la settimana che la città dedica alla montagna. Il dramma nelle parole di una superstite
Di Laura Borsani
Bonaventura Monfalcone-24.08.2013 Inaugurazione Festa della montagna e Mercatino del Gusto-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-24.08.2013 Inaugurazione Festa della montagna e Mercatino del Gusto-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura

Le note e lo stendardo di Buie d’Istria davanti alla Galleria d’arte contemporanea, a “salutare” Monfalcone. Poi il taglio al nastro della settimana di “Natura e cultura senza frontiere”, per mano del sindaco Silvia Altran, assieme alla vice presidente della Regione Istria, Giuseppina Rajko, l’assessore regionale all’Ambiente, Sara Vito, il prefetto Maria Augusta Marrosu, e il sindaco di Longarone, Roberto Padrin. Nella sala gremita della Galleria, si sono susseguiti gli interventi di benvenuto e apprezzamento dell’iniziativa. I complimenti del prefetto. L’assessore Sara Vito ha spiegato come questo evento rappresenti un ottimo utilizzo delle risorse europee e mette al centro la questione ambientale, in termini di buona gestione, sensibilità e cultura, per un nuovo «modello di sviluppo». Anche la vice-presidente della Regione Istria ha usato parole di plauso per l’evento, che ha voluto omaggiare anche l’ingresso della Croazia nell’Unione europea: «Auspichiamo - ha detto - maggiore sinergia transfrontaliera, la multuculturalità è un vero patrimonio per le nostre genti». Il saluto è giunto poi da un rappresentante della delegazione di Salta, in Argentina, gemellata a Monfalcone. Ma l’attesa del pubblico era evidente: sotto la lente d’ingrandimento c’era un dramma che l’Onu nel 2008, ha spiegato il sindaco di Longarone, Padrin, ha sancito quale «evento al mondo mai verificatosi di mal gestione del territorio». Memoria e riflessioni, poi il ricordo è stato affidato alle note del pianista emergente Remo Anzovino.

Erano le 22.39 del 9 ottobre 1963, ha ricordato Viviana Vazza, superstite e autrice del libro “Un paio di scarpette di vernice nera”. Viviana aveva 13 anni, da tre giorni era entrata in collegio. Ha perso tutti i suoi cari. E con loro, nello spazio di 4 minuti, un’intera comunità. Duemila morti, di cui 1.500 a Longarone. Quella gigantesca onda frammista di fango e detriti proveniente dalla diga «più alta del mondo», s’è rovesciata con inaudita violenza in paese. Che ben conosceva la fragilità del monte Toc, franato nel gigantesco invaso. «Lo chiamavamo il Grand Canyon», ha detto Viviana per sottolineare che quell’annientamento fu una tragedia annunciata. Nel nome del profitto. Ha dovuto attendere anni di rielaborazione prima di recuperare la sua memoria di bambina e reintegrarla nella sua identità dolorosamente ricostruita. Lo ha fatto superando il terrore e accettando quella “morte collettiva” negata. Le scarpette di vernice nera le erano state donate dalla madre prima di entrare in collegio. Con quelle scarpette ripercorse la sua terra affondata nel fango, alla ricerca dei cadaveri. Viviana ha spazzato i fantasmi del passato perchè «da quel grido di dolore vogliamo dare una carezza alla memoria». Applausi ed emozione. Il sindaco Padrin ha ricordato «la straordinaria solidarietà che ci ha aiutato a rinascere», e il coraggio di chi è rimasto nella propria terra: «A 50 anni di distanza, la ricostruzione è ancora difficile: abbiamo una comunità di superstiti, i loro figli, molti dei quali se ne sono andati altrove, e nuovi residenti». Ha parlato di una «ferita ancora aperta, ma abbiamo il dovere di ricordare, perchè il Vajont sia da monito ed esempio. Oggi guardiamo al futuro lavorando per dotarci degli strumenti necessari a prepararci ad affrontare ogni difficoltà».

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