«L’opinione pubblica si sta immedesimando nel destino di una donna che ci assomiglia»

l’intervista
Nelle ultime puntate del noto programma televisivo nazionale “Quarto Grado”, il giallo di Liliana Resinovich è stato il caso clou. La redazione di Rete4 ha investito molto su questo mistero che tiene letteralmente con il fiato sospeso non solo i triestini ma, evidentemente, moltissimi italiani. Gianluigi Nuzzi, conduttore della trasmissione e autore di diverse inchieste e scoop che hanno avuto vasta eco, anche internazionale, segue con particolare attenzione l’avanzare delle indagini, mettendo in fila i dettagli che emergono di giorno in giorno. E rivela che il suo programma, sin da venerdì prossimo, ritornerà sul caso.
“Quarto Grado” ha investito molto sul caso. Cosa vi ha colpito, e convinto a dedicare un simile spazio?
«C’è un’immedesimazione, è il dramma di una donna trovata priva di vita in una città tranquilla della provincia italiana. È una donna che assomiglia molto a tutti noi. È una di noi, una persona semplice, per bene, tranquilla, sportiva, amante della montagna. Poi è emersa la figura di Sebastiano, il marito, che cerca di capire, di trovare delle risposte. E quindi è spuntato Claudio, l’amico, e così è nata una riflessione sui rapporti, sulla sincerità, sugli equilibri di coppia, su quel gioco di apparenze, di specchi, che segnano da sempre i rapporti umani, le relazioni affettive».
Reputa anomala, sospetta, l’esposizione mediatica così forte del marito?
«Ci sono assassini, colpevoli, che hanno una parte narcisistica. Come Parolisi o Buoninconti, che vanno incontro alle telecamere per misurare le proprie menzogne e scontornarle meglio, per seguire quello che succede, per tallonare le indagini. Ma allo stesso modo ci sono degli innocenti che per affogare il proprio disagio, il disorientamento, o per dare un contributo alle indagini, cercano le telecamere. Non credo l’esposizione mediatica sia un indicatore in sé, e tra l’altro è bene ricordare che finora Sebastiano è parte lesa».
Con gli elementi emersi finora, lei si è fatto un’idea?
«Una mia regola è non farmi delle idee: rimango sempre in un ambito di prudenza che è compito di un giornalista e ancor più di chi conduce un programma. Ci sono però certamente degli elementi contraddittori. Mi stride l’immagine di Lilly che hanno questi due uomini, e che è incompatibile, non sovrapponibile. C’è da capire, quindi, se questa immagine è distorta per una rivalsa nei confronti dell’altro o se uno dei due ha veramente una visione distorta di Liliana».
Cosa l’ha colpita dell’intera storia?
«Mi ha colpito questo posto dove è stata ritrovata Lilly: un luogo particolare, non così nascosto. Poi mi fa riflettere l’ipotesi del suicidio, che è quella più incomprensibile, malgrado i suicidi siano sempre incomprensibili».
La soluzione è a un passo?
«Credo che il procuratore capo Antonio De Nicolo, che è persona molto competente e perbene, abbia detto cose molto serie: che serve attendere degli elementi tecnici per fare le dovute valutazioni. E questi elementi arriveranno dagli approfondimenti che sono stati disposti sul corpo, sulla scena del crimine, sulle celle telefoniche e su tutta una serie di elementi che, aldilà del fiuto dei segugi, degli inquirenti, servono a orientare bene la bussola dell’inchiesta» la.to.
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