Umago, l’enclave slovena di San Pellegrino da terra operaia a meta di politici e vip

Nell’insediamento nato negli anni Sessanta ancora oggi vive un solo croato. Tra i vacanzieri anche il presidente Pahor 

LA STORIA



Il suo nome è San Pellegrino, insediamento a pochi chilometri da Umago. Prima dell’indipendenza della Croazia si chiamava semplicemente Pelegrin secondo la toponomastica in salsa comunista di Tito. Ma la sua unicità sta nel fatto che era ed è tutt’oggi una sorta di comunità autogestita dove vivono solo sloveni, con l’eccezione di un unico abitante croato.

Gli sloveni furono i primi a scoprire il fascino di questa bellissima area incontaminata e furono i primi a decidere di costruire un insediamento su questo sito negli anni Sessanta. La costruzione di Pelegrin iniziò con un contratto tra l'allora Assemblea municipale di Umago e una società di costruzioni di Lubiana, la Edilit, in seguito ribattezzata Hoja. Così sono sorti circa 220 cottage, ciascuno di dimensioni comprese tra 36 e 50 metri quadrati. Considerando che all'epoca la terra era di proprietà sociale, si deve presumere che l'allora Comune di Umago non avesse venduto la terra a Edilit, ma le avesse garantito il diritto di costruirla e utilizzarla. È evidente nei registri catastali che le strade sono ancora registrate come proprietà sociale con il diritto di utilizzo alla Pelegrin Holiday Community Association. I cottage sono costruiti in 23 file in modo tale che ogni unità abitativa abbia una vista e uno spazio aperti, senza la possibilità di successivi aggiornamenti impediti in quel momento da una legislazione urbanistica molto rigorosa. Particolare attenzione è stata dedicata durante la costruzione alla protezione della fascia costiera. L'insediamento fu completato nel 1970 e le strade furono pavimentate con il contributo finanziario dei proprietari degli edifici i quali, sempre a proprie spese, finanziarono la rete fognaria e l'impianto di trattamento delle acque reflue: il primo depuratore nel comune di Umago.

Tra gli illustri ospiti di Pelegrin, come racconta il Glas Istre, si può ricordare Edvard Kardelj, il padre dell'autogestione dei lavoratori nella Jugoslavia di Tito che con la moglie Pepica rimase spesso nel villaggio, socializzando con i suoi amici partigiani durante le feste estive. Oggi, i loro eredi vivono nelle case menzionate che non hanno subito un'importante trasformazione architettonica.

Le abitazioni più grandi però sono in fase di ristrutturazione per mano di numerosi tycoon sloveni. Intorno a queste case ci sono muri alti fino a due metri. Di recente, il giovane cantante Omar Naber, che ha rappresentato la Slovenia all'Eurovision in due occasioni, è stato in vacanza nella casa dei suoi genitori a Pelegrin. Al confine con il vicino insediamento di Špin c’è poi la casa della famiglia di Borut Pahor, l'attuale presidente della Repubblica di Slovenia che trascorre qui le sue vacanze estive e canta con gli amici e i vicini con la sua chitarra nelle notti serene. La casa nelle immediate vicinanze di Pahor era di proprietà dell'ex direttore generale di Podravka e del ministro degli Interni della Repubblica di Croazia, Pavle Gaži.

Dopo che il contratto di locazione a lungo termine di memoria socialista è scaduto intorno al 1990, il terreno ora è tornato di proprietà del Comune di Umago, dove la Società di servizi Sei Maggio puliva il suolo solo occasionalmente. Il Comune non ha mai investito fondi nell'area, anche se la posizione, secondo l'attuale piano regolatore della città è destinata alla ricreazione e allo sport. Qui gli umaghesi organizzano picnic e campi scout. Ma l'amministrazione cittadina, con la spiegazione che la sua intenzione è quella di proteggere l'area dalle devastazioni, nella nuova proposta del piano regolatore prevede l'estensione della zona edificabile di 3,7 ettari di terreno nell’area.

Se la proposta passerà, questa vera e propria foresta verde secolare scomparirà dalla mappa, così come tutti i più affascinanti raduni offerti da questa zona sotto il baldacchino di rigogliosi pini. Tutto sarà sacrificato in nome del dio pagano “turismo” e di quello capitalistico del denaro. E avendo nella memoria cosa è fin qui successo sulla costa istriana è doveroso innalzare una preghiera, a quel Dio che sta in cielo però... —



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