A casa Bigot di viale Virgilio firme illustri di Cuzzi e Fabiani
Troppo antiquato per i gusti di Giovanni Bigot (1909-1984) l’edificio di Giovanni de Gironcoli in via della Volpe 12 (oggi viale Virgilio), progettato nel 1922 da Max Fabiani (1865-1962) secondo...

Troppo antiquato per i gusti di Giovanni Bigot (1909-1984) l’edificio di Giovanni de Gironcoli in via della Volpe 12 (oggi viale Virgilio), progettato nel 1922 da Max Fabiani (1865-1962) secondo criteri ancora ottocenteschi, basati sull’asse centrale del corridoio che distribuisce alle stanze sui due lati e lo spartano servizio in fondo. Decide così, dopo l’acquisto nel 1954, per una radicale ridistribuzione nei moderni criteri del secondo dopoguerra, con un ampliamento ed un nuovo e monumentale ingresso sul lato destro dell’edificio, dove si trovava il vano scala che viene completamente riorganizzato. La zona giorno acquista una nuova dimensione con l’accorpamento in un unico soggiorno delle tre stanze di sinistra, mentre sulla destra trova luogo un ampio studio con una larga vetrata a guisa di quadro affacciato al giardino, dalla casa a fianco appositamente acquistato.
Non è stato rintracciato alcun progetto per questi lavori, ma lo stile ne permette comunque l’attribuzione all’architetto Umberto Cuzzi (1891-1973), che nel 1935 aveva costruito per l’impresario Bruno Perco la villa di via Angiolina 24, forse la più bella in città, largamente modificata poi dallo stesso Cuzzi qualche anno dopo la fine della seconda guerra. Come per villa Perco, anche villa Bigot vede ampio uso di grandi porte scorrevoli a doppia anta per dividere o unire gli spazi della zona giorno, dove un elegante separé in muratura con funzione a bar, divide razionalmente la zona pranzo dal salotto. Vengono costruiti nuovi e spaziosi bagni dal rivestimento in pietra, con monumentali sanitari in ceramica monolitica e la vasca padronale inserita in una nicchia ad arco, proprio come nella villa Perco. Nuovi rivestimenti in rovere e travertino coprono i pavimenti, mentre il largo utilizzo di armadiature a scomparsa nei muri evita alla nuova razionalità degli interni l’uso di mobili disarmonici. La scala viene ricostruita in funzione al nuovo ingresso, dal quale si accede direttamente alla cantina adibita a “tavernetta”, nella funzione in voga negli anni Sessanta per i convivi tra amici. Il disegno della nuova scala, dai gradini in lastra singola di travertino per alzata e pedata, invece di conci interi trapezioidali, è del tutto analoga a quella realizzata per l’edificio d’angolo costruito da Cuzzi tra via Rossini e Mattioli per Maria Ampergher Minolli. Noto in campo nazionale dopo il suo trasferimento a Torino nel 1927 e la sua adesione al Movimento Italiano di Architettura Razionale nel 1930, Cuzzi aveva comunque mantenuto sempre molti legami a Gorizia, dove fu autore tra l’altro pure del Santuario di Merna ricostruito nel 1931. Ancorché di spinto razionalismo, il suo rispetto del “genius loci” si evidenzia nell’intervento di villa Bigot, dove le nuove terrazze e le grandi vetrate si fondono in modo del tutto armonioso con lo spirito dell’edificio.
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