«A casa non c’è cibo per tutti Io vado alla mensa dei poveri»

«Ci vengo solo io. La mia donna mangia a casa. Non voglio ridurla così». Dejan ha poco più di 50 anni e un bambino di pochi mesi a carico. È bosniaco e mangia alla mensa della Caritas. Non sempre,...
Bruni TRIESTE 26/12/09 Mensa della Caritas a Natale
Bruni TRIESTE 26/12/09 Mensa della Caritas a Natale

«Ci vengo solo io. La mia donna mangia a casa. Non voglio ridurla così». Dejan ha poco più di 50 anni e un bambino di pochi mesi a carico. È bosniaco e mangia alla mensa della Caritas. Non sempre, solo quando raccogliendo denaro per strada non riesce a comperare sufficiente cibo per tutta la famiglia. «Riceviamo tanti aiuti, anche da altre associazioni - ammette - a Trieste ci hanno dato un grosso aiuto soprattutto da quando ci è nato un figlio». Si mette in fila, prende il vassoio e si siede in silenzio su una delle sedie gialle della mensa di via dell'Istria a consumare il suo pasto.

«Ho incontrato qui tanta gente che ho conosciuto nell'arco di questi due anni che sono a Trieste - racconta - tra poveri ci vediamo spesso perché frequentiamo gli stessi posti e se chiediamo le elemosina chi incrociamo tra le vie e le piazze più frequentate».

Pantaloni verdi, lisi, una felpa nera. «Me li hanno dati ancora da don Vatta in via Udine, quando ero senza una dimora e non avevo ancora una donna e un figlio», spiega. «Di portare la sua compagna alla mensa della Caritas non se la sente. «Qui regna un grande rispetto verso chiunque si avvicini per avere un aiuto - riconosce - ma non sarei un uomo se non riuscissi a farla mangiare a casa assieme al bambino. Per lei la pasta o un pezzo di formaggio non devono mancare mai.

«Qui vengono a mangiare anche alcune donne,- aggiunge - mi è capitato di pranzare vicino ad una signora anziana. E per me questo è dolorosissimo. Penso alla sua sofferenza dopo una vita di difficoltà».

Il viavai anche ieri ai tavoli della mensa della Caritas era costante. Uomini, donne, giovani e meno giovani. Tutti a testa alta. Alcuni non gradiscono raccontare la loro storia e agli occhi della nostra società restano degli invisibili. Alcuni dei commensali sono quei volti che i triestini incrociano in città, a chiedere un obolo o a vendere qualche oggetto. Un esercito di persone, per lo più straniere, che su quei tavoli trovano un po' di umanità e di comprensione. Li non vengono guardati con sospetto da nessuno chi gli sta vicino ha gli stessi problemi, vive le medesime difficoltà, vive della stessa precarietà.

«Ho vissuto un breve periodo a Preganziol, in Veneto, - racconta l'uomo - perché avevo trovato un piccolo lavoro come giardiniere. Ma l'aiuto che ricevo a Trieste non ha paragoni. Qui chi non ha soldi trova un posto dove dormire, un tavolo al quale mangiare, - spiega - vestiti per me, la mia compagna e anche per il nostro piccolo: senza l’aiuto che mi danno qui a Trieste non so cosa avrei fatto».

Laura Tonero

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