A Grado trionfa il Festival della famiglia

Un migliaio hanno gremito il Palacongressi per assistere alla 51.a kermesse. Subito premio speciale alla canzone “Nadal”
Di Antonio Boemo
Bonaventura Monfalcone--foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone--foto di Katia Bonaventura

GRADO. Il Festival a casa di ognuno dei gradesi. Non in quelle moderne abitazioni ricche di mega tv a led, computer, casse acustiche ma in quelle più semplici degli anni Sessanta-Settanta dove a prevalere era il legno. Rustico anche questo, magari sui toni della ruggine. Una radio, qualche vinile a 33 giri, grandi orologi. Anche le sedie, come quelle dell’orchestra, del medesimo stile. La scenografia è stata curata da Roberto Tomasini, mentre per quanto riguarda lo spettacolo foto e video sono stati curati da Luca Corbatto.

Il motivo di questa ambientazione scenografica che ti fa guardare indietro ma con modernità, è legato a un aspetto particolare che caratterizza in particolar modo la gente di Grado. A casa c’è il calore, si parla e si canta... come si canta in ogni dove. Il Festival è anche questo, accogliere tanta gente attorno; gente che a causa dei frenetici ritmi della vita moderna non ha nemmeno occasione di incontrarsi. Ecco cosa hanno visto e sentito, ecco in cosa si sono immersi, ieri sera entrando al palacongressi i mille che hanno assistito alla 51.a edizione del Festival della Canzone Gradese in ogni caso proiettato verso il futuro. Ciò perché quest’anno si ricorda anche un importante anniversario: i 70 anni di “Màmola”, la canzone-inno dei gradesi.

All’ingresso del Palacongressi due pannelli ricordano proprio l’avvenimento con due frasi del testo scritto da Giacometto Zuberti (la musica è di Attilio Gordini): “Màmola, màmola questa canson la xe per tu” e “l’amor non passa màmola...”. E in questa edizione del Festival, non solo l’amore per la donna amata ma anche per la città. Questo è, estrapolando, il tema espresso dai brani in gara. Un amore verso la propria identità che è quella di una comunità che si differenzia da altre e che forse per la prima volta in un brano in concorso ha messo di fronte anche l’occhio di chi Grado la vede da fuori. Le musiche delle canzoni sono state piuttosto varie. Si è passati da una classica ballata gradese a musiche estremamente moderne, all’evoluzione moderna delle musiche anni Sessanta-Settanta. Canzoni che si possono ascoltare anche in futuro poiché come ogni anni “Quelli del Festival” hanno inciso un cd contenente tutti i brani in gara, arrangiati splendidamente da Roberto Montanari e interpretati davvero alla grande anche dai più giovani e debuttanti interpreti.

Per collegarsi con il tema generale della casa e della famiglia, curiosamente quest’anno in alcuni casi ci sono stati padri e figli al centro dell’attenzione: chi come autore, chi come cantante. E poi sono tutti amici fra di loro, autori e cantanti, almeno fino al momento della gara che per via del meccanismo di votazione (ognuno dei mille spettatori, perlopiù vestiti a festa, doveva indicare sulla propria scheda i primi tre classificati e ai voti conquistati da ogni brano si dovevano poi aggiungere quelli della giuria di qualità) è come sempre andata avanti fino a tarda ora. Tuttavia almeno il vincitore di uno dei premi speciali lo si è saputo. Anzi si tratta di una segnalazione speciale (è la seconda volta che accade negli ultimi 20 anni) che la commissione selezionatrice ha voluto assegnare al brano “Nadal” (l’autore è stato ispirato dal presepio galleggiante del porto che gli ricorda come Gesù Bambino sia nato in povertà) di Gian Marchesan, musicato da Seba in quanto sia con le parole e sia con la musica ha rappresentato quella che possiamo definire la “classicità graisana”. Un passaggio della canzone, semplice, coinciso ma significativo, d’attualità in questi giorni per i tristi fatti che accadono nel mondo, dice: «Là che xe odio portemo l’Amor / là che xe Guera che non sia più dolòr».

@anboemo

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