Abbazia, Liburnia Hotels vende cinque ville d’epoca

Tra le “dismissioni” l’insediamento Splendid e la lavanderia centrale dell’azienda. Il tutto per evitare la tassa capestro sugli edifici turistici che sono in disuso
Villa Medveja in una foto d'archivio
Villa Medveja in una foto d'archivio

ABBAZIA. La più grande azienda alberghiera nell’Abbaziano, la Liburnia Riviera Hotels, ha deciso di vendere 11 suoi impianti situati ad Abbazia, Laurana e Medea. Questo colosso dell’industria turistica ha infatti pubblicato l’invito ai potenziali acquirenti – persone fisiche e giuridiche domiciliate in Croazia – affinchè presentino le proprie offerte, procedimento da effettuare entro il prossimo primo ottobre.

Anche se alla Liburnia hanno precisato di non voler comunicare i dettagli dell’operazione, si è venuto a sapere che sono in vendita 5 ville, da anni chiuse e che rappresentano un capitale morto per l’impresa, non interessata alla loro riapertura (e relativi investimenti).

I turisti, italiani compresi, sono da tempo abituati a vedere questi edifici dalle pareti scrostate, porte e finestre rotte, tetti che avrebbero bisogno di essere urgentemente rifatti.

Un tempo splendenti e invidiate, oggigiorno le ville lauranesi Danica, Lauriana e Marina, villa Zagreb (Abbazia) e villa Medveja (Medea) sono in rovina o quasi, divenute dimora di senzatetto e tossicodipendenti.

Presto la situazione potrebbe pero’ cambiare e in meglio, se la Liburnia riuscirà a individuare acquirenti seri e credibili. Oltre alle 5 ville, il gigante liburnico ha voluto mettere in vendita l’insediamento Splendid, i cosiddetti bungalow lauranesi, un lotto di terreno nelle vicinanze di villa Magnolia, la lavanderia centrale dell’azienda, dislocata a Laurana e un vano d’affari a Medea.

Questo il commento del sindaco lauranese, Alan Sankovi„: «Credo che dietro l’operazione vi sia quanto annunciato dal ministro croato dell’Edilizia, Anka Mrak Taritaš, sull’aumento radicale della tassa fondiaria per gli edifici turistici fuori uso. Le aziende alberghiere verranno messe spalle al muro. Dovranno liberarsi degli impianti inutilizzati, oppure investire e rimetterli in funzione. In caso contrario, saranno costretti a pagare un’imposta capestro».

Sia Sankovi„ che il suo collega abbaziano, Ivo Dujmi„, hanno auspicato un cambiamento di rotta, con tanto di investimenti e la conseguente apertura di posti di lavoro.

Se il Sabor accetterà quanto proposto dalla Mrak Taritaš, molti degli impianti ricettivi attualmente chiusi potranno tornare ai vecchi splendori.

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