Accusa di aborto colposo a 4 medici L’autopsia sul feto: «Mai respirato»

«Il feto non ha mai respirato». La morte della bimba attesa dai coniugi Pamela Stok e Omar Marsilli era avvenuta all’interno del grembo materno. Durante il parto, a causa di un arresto cardiaco. È quanto ha confermato la dottoressa Furioso, chiamata a testimoniare dal pubblico ministero Mary Mete, al Tribunale di Gorizia, davanti al giudice monocratico Marcello Coppari. La teste era stata incaricata di eseguire l’autopsia e di stabilire le cause del decesso, se fosse avvenuto prima o dopo il parto.
Si tratta del procedimento per aborto colposo nei confronti di quattro ginecologhe del San Polo (Paola De Lazslo, Milena Zammitti, Giuliana Giorgis, Caterina Piva).
Sarebbe stata la primogenita di Pamela e Omar, residenti a Monfalcone ma di Duino Aurisina. L’avrebbero chiamata Asia. I fatti risalgono all’8 ottobre 2014. La dottoressa Furioso, in aula, ha spiegato che l’inserzione del funicolo ombelicale non era al centro della placenta, ma in una parte laterale. Con il parto, ha continuato, staccandosi la placenta, c’era stata una lacerazione che aveva provocato l’arresto cardio-circolatorio.
In apertura di udienza è stata ascoltata Alessia Stok, che aveva seguito la sorella Pamela accompagnandola, almeno in parte, ai monitoraggi periodici previsti. Era anche arrivata a Trieste, da Milano dove risiede, per seguire la fase finale della gravidanza. Aveva accompagnato la sorella a due controlli nell’approssimarsi della scadenza dei termini di gestazione. Quella sera di mercoledì 8 ottobre, ha spiegato la teste, era stata chiamata da Omar, l’aveva avvisata che stava andando all’ospedale. Quando Alessia aveva a sua volta raggiunto il San Polo, Omar le aveva comunicato che la bimba era morta. Il difensore, avvocato Riccardo Cattarini, ha chiesto se fosse a conoscenza che «l’ospedale di Monfalcone non è una struttura complessa, in grado di seguire problematiche particolari». La teste non lo sapeva, ha risposto. A rappresentare Pamela Stok e Omar Marsilli è l’avvocato Alessandro Ceresi. La prossima udienza è stata fissata il 13 novembre.
La sera dell’8 ottobre 2014 i giovani coniugi, allora 31enni, avevano raggiunto l’ospedale di San Polo d’urgenza. La donna, scaduti i termini del parto, era stata colta da una forte emorragia. Era stata sottoposta ad un intervento cesareo, rivelatosi, purtroppo, inutile. La pubblica accusa, con il pm titolare Valentina Bossi, sostiene che la particolare situazione legata al cordone ombelicale era rilevabile nei diversi stadi della gravidanza, tuttavia, non era stata tenuta in debita considerazione, nè diagnosticata, lasciando procedere la gravidanza fino al parto naturale. Il legale difensore Cattarini, da parte sua, aveva fatto riferimento alla necessità di mantenere l’attenzione esclusivamente sugli aspetti tecnici e medico-legali della vicenda: «Pare, infatti - aveva osservato -, ma sarà il procedimento ad accertarlo, che patologia che ha afflitto la signora Stok sia molto rara e occulta».—
La. Bo.
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