Accusati di rapina nel 2012 va tutto in prescrizione

MONFALCONE

A processo con l’accusa di rapina, le lesioni aggravate in concorso estinte per intervenuta prescrizione, i tre bengalesi, Humayun Kabir, 57 anni, il figlio Golam, 32, ed il cognato Mohammed Kamruzzaman, 44, residenti a Monfalcone, sono stati assolti per non aver commesso il fatto. È la sentenza pronunciata dal giudice monocratico Concetta Bonasia, che ha voluto scandagliare fino in fondo la vicenda. Il pubblico ministero, oltre a richiedere l’estinzione del reato di lesioni per prescrizione, aveva proposto la derubricazione del reato di rapina che a quel punto sarebbe andata prescritta. Parte offesa un connazionale, Shams Uddin, di 66 anni, abitante nello stesso condominio in via Duca d’Aosta, sopra il Centro culturale islamico, immobile occupato da affittuari asiatici. L’uomo nel procedimento non si è costituito parte civile. A difendere i tre imputati l’avvocato Federico Cechet. Tutto risale al 30 novembre 2012. Era quasi ora di cena, come denunciato allora dal 66enne ai carabinieri, quando al suo appartamento, al secondo piano della palazzina, s’erano presentati i tre connazionali che lo avevano aggredito per poi impossessarsi di 5 mila euro nascosti sotto la federa di un cuscino, e del pc portatile del figlio. Medicato al San Polo, la prognosi era stata di 10 giorni. Qualche giorno dopo, Uddin si era rivolto nuovamente ai militari per comunicare come, a seguito di un controllo, aveva constatato che in realtà il denaro era rimasto all’interno del cuscino, mentre il pc l’aveva recuperato, trovato sul pianerottolo davanti al suo appartamento.

La situazione sembrava risolta, se non fosse che di fronte al reato di rapina interviene la procedibilità d’ufficio, pertanto le indagini erano proseguite. Per contro, i tre bengalesi chiamati in causa avevano fornito una versione completamente diversa di quanto era accaduto. Uddin s’era presentato al loro appartamento, disposto tra il terzo e il quarto piano, per protestare a causa del disturbo provocato dagli inquilini, 9 residenti nell’alloggio, e lamentare anche gli strilli di una bambina. Il primo approccio era stato ben poco interlocutorio, considerato che il 66enne e chi gli aveva aperto la porta s’erano presi per i giubbotti. Da qui, a ruota, l’intervento di padre, figlio e cognato, il tutto trasceso e spostatosi sulla rampa delle scale. I tre congiunti bengalesi sono stati rinviati a giudizio in ordine alle lesioni e alla sottrazione del pc, del valore di circa 600 euro, reato aggravato poiché commesso da più persone riunite, secondo le ipotesi accusatorie. In dibattimento sono state acquisite le testimonianze rese al difensore di quanti, tra gli inquilini di passaggio, avevano assistito alla zuffa. Acquisite anche le dichiarazioni testimoniali rese agli inquirenti da un amico degli imputati presente quel giorno nell’appartamento, nel confermare il litigio. All’ultima udienza, al Tribunale di Gorizia, sono comparsi due testi. Il primo, bengalese residente in via Garibaldi, ha raccontato che, uscito dal Centro culturale islamico, richiamato dal trambusto e dalle grida provenienti dalla palazzina, era salito al terzo piano constatando la colluttazione in svolgimento. È seguito l’ascolto di un componente della famiglia Kabir che viveva nell’appartamento. Nell’incalzare del litigio, ha affermato in aula, era sceso dal quarto piano notando la porta aperta per poi uscire e rendersi conto di quanto stava accadendo. Una ventina di minuti dopo erano arrivati i carabinieri. Nel corso delle verifiche i militari avevano raggiunto anche l’alloggio di Uddin: lui era andato in ospedale, erano stati i figli a spiegare loro che il padre era stato rapinato.—

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