Addio a Bianchi, svelò le morti di amianto

Non si contano a Monfalcone le famiglie che devono dire grazie al professor Claudio Bianchi, anatomopatologo triestino che sollevò il velo sui terribili decessi per mesotelioma a partire dalla fine degli anni ’70, lo stesso che è morto sabato sera, attorno alle 21, in un letto della Pineta del Carso. La struttura di Aurisina da qualche tempo lo ospitava per un peggioramento delle condizioni di salute. Aveva 82 anni. Il medico, dai primi Duemila in pensione, soffriva di alcuni problemi cardiaci, patologia cui si era aggiunta, nell’ultimo periodo, un’insufficienza renale che lo costringeva alla dialisi. I funerali si terranno alle 9.30 alla chiesa di Grignano, non distante dalla sua casa sulla Costiera. Il professor Bianchi, presidente provinciale della Lega italiana per la lotta contro i tumori (Lilt), lascia l’amatissima moglie Dora e tre figli.
Stimato professionista, l’improvvisa perdita ha reso sgomenti quanti lo conoscevano. Al San Polo, ospedale che Bianchi aveva “scelto” proprio per seguire e studiare i numerosi casi di decessi dovuti all’amianto, lasciando Trieste dove era aiuto anziano dell’illustre professor Luigi Giarelli, per oltre vent’anni direttore dell’Istituto di anatomia patologica dell’Università, lo dicono a chiare lettere: «Oggi si chiude un’epoca». Il dottor Bianchi, qui, ha fatto la storia.
Dal ’79 era responsabile di Anatomia patologica all’ospedale civile di Monfalcone (quello in via Rossini). Dall’arrivo, come ricordano i colleghi, aveva iniziato subito a informare l’opinione pubblica sulla progressione delle sue ricerche, attraverso relazioni che inviava a queste colonne. Cosa che ha peraltro continuato a fare fino a poco tempo fa, fin quando cioè la malattia non ha preso il sopravvento. Avviando dunque già dagli anni ’80 una serie di indagini sull’esposizione all’amianto, Bianchi aveva sollevato l’angosciosa questione delle morti provocate dal micidiale minerale nel Monfalconese. Come ricorda l’allievo che ne ereditò il testimone, il dottor Alessandro Brollo, colui che di fatto, «mostrando quattro vetrini al maestro», lo convinse a lavorare nella città dei cantieri, «c’era la fila di persone che veniva per parlare con lui e ogni volta dedicava ai parenti delle vittime moltissimo tempo». Nonostante il carattere riservato e per certi versi chiuso, tipico di molte brillanti menti scientifiche, Bianchi aveva spiccata umanità. E davanti alla tragedia diede il suo prezioso contributo, come molti oggi riconoscono.
Così scriveva, a inizio ’80: «Da studi fatti in laboratorio, risulta in modo evidente che le conseguenze dell’esposizione alle polveri di amianto rappresentano uno dei grandi problemi della salute nel mondo industriale. Si è infatti appurato che gli effetti di queste polveri sono molto più vari e insidiosi di quanto in precedenza si è ritenuto. Inoltre si è potuto dimostrare che l’inquinamento da amianto non è limitato ad alcuni luoghi di lavoro, ma coinvolge l’intero ambiente urbano». Le ricerche di Bianchi hanno contribuito, assieme ad altri mirati interventi, alla messa al bando in Italia, dal ’92, del micidiale minerale killer. Lo ricorda Umberto Miniussi, vicepresidente della Lilt-sezione Gorizia: «Mentre per lungo tempo la prevenzione e l’informazione sono state disattese, Bianchi ha continuato a ricercare e porre, molte volte inascoltato, tanti interrogativi, denunciando silenzi e omertà». «Ha scritto e inviato - prosegue - oltre 200 pubblicazioni a riviste mediche di tutto il mondo su amianto e ambiente, partecipando a incontri e convegni sia in Europa che in Asia. La scorsa settimana mi ha fatto pervenire un ultimo scritto dal titolo “Impatto psicologico dell’esposizione all’amianto”, cosa che sarà discussa in direttivo e distribuita ai soci». «Con la morte del professore - dice Miniussi - il territorio perde uno stimato professionista che ha sempre lavorato per la prevenzione, studioso di riferimento nazionale per il mesotelioma da amianto. I soci Lilt ora lo piangono, in seguito lo ricorderanno attraverso gli scritti lasciati e gli insegnamenti ricevuti».
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