Addio a monsignor Vončina padre spirituale dei fedeli sloveni

IL LUTTO
È morto ieri pomeriggio a Casa Ieralla, a Padriciano, una delle residenze per anziani della Diocesi, monsignor Francesco Vončina, l’ultimo prete triestino di madrelingua slovena, nominato ai tempi del vescovo Lorenzo Bellomi vicario proprio per i fedeli di lingua slovena. Aveva 83 anni. Qualche mese fa gli era stata diagnosticata una grave malattia e la scorsa settimana era stato trasferito nella casa di riposo. Dal 2003 era vicario a Roiano, dov’era nato, al servizio della parrocchia dei santi Ermacora e Fortunato. Qui, oltre che nella parrocchia di San Bartolomeo, a Barcola, aveva svolto il suo ultimo incarico. Ordinato presbitero nel 1963, aveva iniziato il servizio pastorale a Basovizza come vicario parrocchiale, dedicandosi appunto ai fedeli di lingua slovena. Poi fu destinato a San Giacomo assieme a don Elio Stefanuto, vicario pastorale per i fedeli di lingua italiana, ritrovato poi anche nella chiesa di Barcola. In seguito divenne parroco a Bagnoli della Rosandra e a Caresana, luogo in cui si trova la tomba di famiglia e dove sarà sepolto. Nel 1998 venne nominato canonico di San Pietro di fuori, una chiesetta ubicata a Roiano.
Diplomato al liceo scientifico, aveva una grande passione per la tecnica e l’informatica: «Il primo computer è entrato in Curia proprio grazie a lui», racconta don Andrea Mosca, parroco a Roiano, il quale narra anche il perché del suo arrivo nella chiesa di Ermacora e Fortunato. «Venne mandato qui, al posto di don Zorko, suo predecessore, per la celebrazione e la predicazione della messa radiofonica sulla Radio Rai slovena, trasmessa ogni domenica alle 9, che ha portato avanti fino al mese di febbraio, quando è subentrato il nuovo incaricato». A ricordare Vončina anche monsignor Ettore Malnati, vicario per il laicato e la cultura della Diocesi: «Lo conoscevo molto bene. Quando io facevo il seminario, lui era cappellano a San Giacomo. Era una persona molto disponibile, amabile, ci teneva ovviamente a essere fedele per ottemperare tutte le tradizioni di lingua slovena della città e del Carso. Era un uomo di comunione, non di divisione».—be.mo.
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