Addio a Re David, una vita per il giornalismo e lo sport

TRIESTE «Stai zitto quando parli». Aveva titolato con il solito sarcasmo così il suo libro di memorie dato alle stampe 10 anni fa (sottotitolo «Cinquant'anni di giornalismo e blob»). Il giornalista sportivo Augusto Re David se n’è andato ieri in silenzio a 84 anni dopo una lunga malattia. Era nato a Rutigliano (Bari) il 23 aprile del 1934. «Un grande dispiacere. Sono entrato in Rai nel 1988 e lui era già lì da tempo. Sono cresciuto al suo fianco. Sapeva fare squadra» ricorda Giovanni Marzini, ex direttore della Rai del Friuli Venezia Giulia e ora presidente del Corecom. Augusto Re David è stato per anni alla guida dell'Ussi regionale (il gruppo di specializzazione della Fnsi dedicato alla stampa sportiva), dopo essere stato per tre decenni un giornalista della sede della Rai del Friuli Venezia Giulia.
Una carriera giornalistica spesa soprattutto nel servizio pubblico radiotelevisivo, ma cominciata proprio 60 anni fa nella redazione triestina del Gazzettino di Venezia. «Correva l'anno 1958 - ricordava sempre Re David - quando il primo giorno d'aprile mi telefonò Francesco Parmegiani per dirmi che il Gazzettino di Venezia aveva aperto una redazione a Trieste, dove c'era spazio per un giovane collaboratore esperto di sport. Qualche minuto dopo ero già nella nuova sede giornalistica in piazza della Borsa. Il mio primo articolo fu sulla partita di hockey a rotelle fra la Triestina e il Novara, valevole per lo scudetto...».
La svolta professionale ha una data tragica: il 6 maggio 1976. Il suo esordio in Rai avvenne con il terremoto del Friuli. «Quel giorno ero al lavoro nella sede di piazza della Borsa del Gazzettino di Venezia. Mi chiamò Guido Botteri: domani presentati in Rai, mi disse, che abbiamo bisogno di te. Passai la notte in bianco, ma la mattina dopo ero lì: non potevo farmi sfuggire l'occasione». Comincia così una carriera televisiva unica con i servizi sportivi che terminò nel 1996.
«Tra la televisione e la radio ho amato molto di più quest'ultima - spiegò Re David -. Con la tv mi sono divertito di meno, perché all'epoca si era molto rigidi. C'era l'obbligo di portare giacca e cravatta, ma io avevo un'unica cravatta, che ho utilizzato per anni. Molti telespettatori mi ricordano proprio per quella cravatta». E fu una cravatta a creare un incidente diplomatico. «Una volta azzardò a condurre il tg regionale con una cravatta rossa con simbolo di Armani che ricordava vagamente l’alabarda triestina. In Friuli scoppiò una polemica furiosa- ricorda ancora Marzini -. E così la settimana dopo non se la mise più».
L’Unione fu un grande amore non sempre ricambiato. «Ci sono vecchiette affatto digiune di calcio che mi fermano per strada chiedendo "Cossa la disi, rivaremo a tornar su?" - raccontò Re David - E io che ho cominciato negli anni Cinquanta, ai tempi di Milani e Petris, mi sbilancio: compiendo tutte le doverose scaramanzie tattili, dico che prima di morire potrò scrivere ancora della Triestina in serie A». Non è successo. In compenso il suo libro su Nereo Rocco (“Padre Paron”) fu finalista al premio Bancarella. (fa.do.)
Riproduzione riservata © Il Piccolo