Addio al tenore-emigrante Mario Muraro con il cuore rimasto nella “sua” Ronchi

il personaggio
Luca Perrino/RONCHI
La storia di un emigrato che ha fatto successo. E sarà ricordato per essere stato il figlio illustre di una cittadina che ha sempre amato la musica e ha dato i natali anche ad altri musicisti illustri. È quella di Mario Muraro, tenore di grande potenza e fama, scomparso nei giorni scorsi a Karlsruhe, nel Baden Wurttemberg, in Germania, dov’era emigrato nei primissi anni Settanta. Muraro era nato a Ronchi dei Legionari, nel rione di Vermegliano, il 9 marzo 1937. La musica era la sua passione così iniziò a cantare nel coro virile della società filarmonica Giuseppe Verdi, diretto da Giorgio Kirschnner. In quegli anni il sodalizio ronchese vinse il prestigioso concorso di Arezzo, un grande punto di arrivo per ogni coro che si rispetti. Nel 1960 iniziò a studiare canto all’istituto di musica di Gorizia. Conobbe due coriste del teatro Verdi di Trieste che riuscirono ad ottenere per lui un’audizione di fronte al maestro Luigi Toffolo, direttore artistico del teatro triestino. Fu il suo momento di fortuna, tanto che il maestro Toffolo lo prese sotto la sua protezione. Allora Muraro era impiegato in un’impresa edile, ma, per permettersi di seguire le lezioni giornaliere, iniziò a lavorare di notte come fornaio e pasticcere.
Nel 1968 il suo debutto a Teplice, nell’allora Cecoslovacchia, nella Madama Butterfly che gli aprì definitivamente le porte della lirica. Calcò quindi il palcoscenico del Verdi nella Boheme, sino ad arrivare, nel 1972, al teatro di Gelsenkirken, in Germania. Vi rimase fino al 1977 quando si trasferì definitivamente a Karlsruhe. È qui che diventò a dir poco un idolo per il raffinato pubblico germanico dell’opera e dell’operetta. In un teatro che lo apprezzò per la sua voce calda e appassionata, dalle tonalità simili a quelle di Luciano Pavarotti, e lo impegnò nei suoi programmi teatrali per gran parte della sua carriera di tenore lirico. Nel 2000 Mario Muraro fu insignito del titolo di “Kammersanger” da parte del parlamento del Baden Wurttemberg. Nel settembre del 2002 una folla di quasi mille persone salutò il tenore ronchese all’ultimo atto della sua lunga carriera musicale. Fu protagonista di una straordinaria interpretazione di Cavaradossi. E non va dimenticato, nel corso della sua carriera, anche l’aver sostituito il popolare Placido Domingo. Al suo attivo 50 opere e 6 operette, ma anche concerti in tutt’Europa.
Ma il suo cuore rimase sempre nella sua Ronchi dei Legionari, dove veniva spesso e aveva tanti amici. La sua possente voce risuonò anche in occasione di una solenne celebrazione per la festa del patrono, San Lorenzo. Nella cittadina lascia tanti amici. Come Marino Boscarol, per anni presidente della filarmonica Verdi, il pittore e poeta Amerigo Visintini, Livio Trevisan, Giorgio Furlan. «Ricordo – sono le sue parole – l’epico viaggio sostenuto nel gennaio del 1978 per andare ad assistere la prima della Tosca. Le strade erano ghiacciate, nevicava forte e fu per lui una gioia vederci arrivare dopo ore ed ore di tortuoso viaggio».
Con lui si chiude una pagina importante della storia culturale ronchese. «Sono addolorato per questa perdita molto importante – ha commentato il sindaco Livio Vecchiet – e alla sua famiglia porgo le condoglianze mie personali e dell’intera città. È stato un uomo che tenuto alto il nome di Ronchi dei Legionari e non ha mai perso le sue radici. Gli dobbiamo gratitudine e riconoscenza». Muraro è stato anche testimonial, negli anni scorsi, del “Calandario dei paesi bisiachi” ideato dal circolo don Eugenio Brandl di Turriaco. Lascia la moglie Susanne, soprano, e le figlie Sabrina e Gabriella. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo