Addio alla fotografa Gasparo: nei suoi scatti sensibilità e pezzi della storia cittadina

Aveva fermato una moltitudine di scorci anche del Porto vecchio raccontandone l’evoluzione. Generosa, altruista e dall’eloquio schietto 

IL RICORDO



Macchina fotografica e motocicletta. Neva Gasparo aveva due passioni. Piccola, occhialetti su due occhi vivacissimi, capelli a caschetto, un eloquio schietto e dissacrante, che nascondeva il suo coraggio nell’affrontare una vita che non le ha risparmiato dolori, e la generosità che ha dimostrato nei confronti di immigrati, soggetti disagiati, insomma di chi aveva bisogno. La sua casa di piazzetta Puecher era un porto sicuro.

I primi rudimenti della fotografia glieli aveva dati suo padre Claudio, poi lei l’aveva sviluppata negli anni Settanta collaborando con Franco Basaglia, lo psichiatra che ha rivoluzionato la cura delle malattie mentali cominciando con Gorizia e Trieste. E la fotografia è diventata la sua vera professione, surclassando suo padre, come ammette lui stesso. Aveva insegnato alle scuole medie, ma il suo posto era dietro un obiettivo. Neva Gasparo, fotografa, se n’è andata via sabato scorso dopo aver lottato per anni contro la malattia.

La sua lunga esperienza in camera oscura le ha consentito di arrivare al digitale con una forte cultura tecnica e di usare con grande creatività e competenza le possibilità offerte dal nuovo mezzo in fase di produzione, post-produzione e stampa. Era specializzata in riproduzione d’arte, architettura industriale, aree dismesse e reportage sociali.

Oltre trent’anni fa Neva aveva “scoperto” il Porto vecchio, oggi sulla bocca di tutti. Se n’era letteralmente innamorata e da allora non ha più smesso di fotografarlo. Da questa sua attività era nato, nel 2013, “Senza far rumore” libro edito dalla Lint, che non è soltanto un libro di fotografie; è molto di più come svela il sottotitolo “Viaggio in Porto vecchio”.

Il libro ha portato i lettori dentro la “città proibita”, dentro quell’enorme comprensorio costituito da superbi magazzini, lunghi binari, teorie di gru, eleganti palazzine, che buona parte dei triestini all’epoca non conosceva, perché erano celati dietro le mura erette dalla dogana. Neva ha dovuto fare una difficile selezione tra le migliaia di immagini raccolte che avevano fermato i cambiamenti di un luogo che era stato il polmone economico della città. Ma non soltanto il Porto vecchio, Neva Gasparo ha fotografato in lungo e in largo la sua città, basta visitare il sito “Triestebella” per avere un assaggio della sua arte. Arte che si nutriva dei suoi viaggi: aveva girato i Paesi dell’est, l’Africa, il Sud America e non faceva la turista, andava a cercare le situazioni difficili con la curiosità dell’inviato speciale e con la sensibilità della volontaria che porta aiuti.

Negli ultimi anni aveva cominciato una interessante collaborazione con i Francescani di terra santa che le avevano commissionato le foto degli affreschi di quella che secondo i vangeli è la presunta casa della suocera di Pietro, e poi aveva riprodotto i reperti del Museo per la realizzazione di un catalogo. Anche in questo caso visitate il sito TerraSanctaMuseum. Così aveva reagito al male Neva: lavorando con passione. —



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