Aleggia lo spettro di Napoleone tra oro dimenticato e fosse comuni

Aleggia l’ombra di Napoleone attorno al cimitero civile di Fogliano Redipuglia, iniziato a costruire nel 1860 dopo che vennero smantellati i camposanti che, come negli altri paesi, esistevano vicino alle chiese. La leggenda popolare narra che, dovendo passare l’Isonzo, l’imperatore si fosse trovano di fronte al fiume in piena e che, allora, prese la macabra decisione di far uccidere un quarto del suo esercito. Fu scavata una fossa comune, proprio nell’ala sinistra del cimitero e qui furono gettati i corpi. Ecco perché, in quella zona, si può ancora oggi notare una depressione che fa pensare all’esistenza di quest’immensa fossa.
Ma non è questo l’unico legame. Al centro, infatti, si trova una cappella, costruita nel 1862 e ristrutturata nel 2001. Fu voluta da una delle famiglie più antiche del paese, la famiglia Cosolo e, narra ancora la leggenda, utilizzando l’oro contenuto in una delle tre casse trafugate dall’esercito francese e dimenticato durante la fuga. La cappella, contraddistinta da un pavimento in cotto e dalla presenza di alcuni affreschi, è impreziosita da una pala che raffigura San Michele intento a scacciare il diavolo, mentre al suo interno si trova una targa dedicata alla profuganza verso Wagna al tempo della prima guerra mondiale. All’esterno, invece, 40 nomi di soldati che, durante la Grande Guerra, hanno combattuto con la divisa dell’esercito austroungarico, caduti o dispersi, realizzate nel 2008 e che porta una frase del poeta Celso Macor.
Come per gli altri cimiteri della Bisiacaria, uno spazio particolare viene dedicato ai sacerdoti che hanno qui svolto il loro delicato lavoro. Da don Narciso Miniussi, scomparso nel 1995 e che fu anche indimenticabile musicista e compositore e don Giovanni Bertuso, parroco per 29 anni e ricordato anche per aver voluto la rifusione delle campane di Santa Elisabetta requisite durante il secondo conflitto mondiale. Morì il 25 dicembre del 1948, un’ora prima che le stesse riprendessero a suonare. Ancora don Nino Lupieri, parroco per 45 anni, classe 1919. Nel camposanto le cappellette e le tombe di tante famiglie conosciute, i Damiani, Cian, Tiziani, ma anche Cechet e Visintin, tra i quali spicca il nome di Franco, già sindaco e presidente della Pro Loco, scomparso nel maggio scorso.
Appena entrati, sulla destra, spicca la foto in bianco nero di un ragazzino con la divisa da Balilla: è quella di Carlo Bradaschia, nato il primo maggio del 1928 e scomparso il 16 giugno del 1935. Accanto a quella foto, dove si nota un volto impaurito e poco disteso, l’iscrizione voluta dai suoi genitori. Ed una frase davvero commovente è quella che si trova sulla tomba di Elsa Visintin, morta nel 1912 e che riporta come “Nell’attesa giacciono qui le lacrimate salme”.
In fondo le lapidi dedicate ai caduti nella Resistenza ed ai militari che hanno combattuto in quella guerra, mentre tra i sindaci che riposano a Fogliano Redipuglia trovano posto i nomi di Luigi Galbiati, scomparso nel 1977, accompagnato dall’emblematica frase “Sol chi non lascia eredità di affetti poca gioia ha nell’urna” e di Gino Zorzenon, morto nel 1985. Tra i personaggi illustri anche quello di Alessandro Buoro, uno dei fondatori dell’associazione donatori volontari del sangue, di Ilario Benfatto, per molti anni colonna portante del coro Elianico, di Bertuso Rizzieri e diell’ingegner Gino Tubetti.
Uno spazio è dedicato ai bambini e qui vi si trovano le piccole tombe dedicate, tra le altre, ad una bimba di soli 7 mesi di vita. Non va dimenticato, poi, che molte tombe trovano una presenza, un portafiori od un’iscrizione, voluta dalla sezione locale dell’Anpi. —
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