Aletti-story: «L’Unione merita la A» Poi il declino sino al crac

Sergio Aletti, ex presidente della Triestina, è stato trovato morto in un albergo di Pievesistina (nei pressi di Cesena), dove era domiciliato. Oltre a essere ex patron della Triestina - conduzione risalente all'agosto 2011 poi conclusasi nei primi mesi del 2012 con guai che lo hanno portato ad essere imputato per una serie di reati fiscali e per truffa - è stato per anni anche vice-presidente del Cesena Calcio e, nella stagione scorsa, aveva rilevato il Ravenna Calcio. Aveva 53 anni ed era originario di Casalpusterlengo, città in provincia di Lodi. L’uomo aveva già avuto problemi cardiaci alle spalle - per i quali era stato più volte ricoverato - e al momento pare che il decesso sia dovuto a cause naturali. Lascia una figlia e un figlio; ha divorziato da pochi mesi dalla moglie.
«Habemus papam». In una torrida mattina in prossimità del Ferragosto del 2011 Antonio Recchi, diesse del Ravenna e in pectore della Triestina, dà l’annuncio con una telefonata del raggiunto accordo tra Sergio Aletti e Stefano Fantinel. Il proprietario del Ravenna diventa anche quello della Triestina. Il messaggio roboante fa già intuire quello che sarà un regno, pardòn un “pontificato”, che durerà appena quattro mesi. A Ravenna i tifosi sono già in subbuglio: la società è sull’orlo del fallimento, Aletti vuole portare il nucleo dei giocatori più esperti, assieme al tecnico Discepoli, a Trieste. Fantinel vuole ricavare dalla vendita quasi due milioni di euro e Aletti firma le cambiali. Alla fine al presidente friulano resteranno in mano un pugno di mosche e un’indagine della magistratura, assieme ad Aletti, per il crac della Triestina a giugno del 2012 scomparsa e poi precipitata tra i dilettanti.
E roboante è la presentazione di Aletti alla stampa in una sala dell’Hotel Savoia il 27 agosto. «La Triestina è tanta roba. Merita la serie A. Domenica prossima (partita d’esordio in C1) voglio 10mila spettatori allo stadio» dice il proprietario togliendosi le scarpe (per il gonfiore ai piedi) affiancato dall’allora compagna Cristina De Angelis, che prima diventerà presidente dell’Unione e poi litigherà con il suo mentore e cercherà di portarlo in un’aula di Tribunale (al pari dell’ex moglie). Aletti non sprizza di salute e si vede ma ha una verve che contagia i tifosi. Del resto per un anno hanno contestato il presidente Fantinel reo di essere friulano e di aver portato la squadra alla retrocessione dalla B.
La squadra viene affidata a Discepoli che prende il posto (resta vice) dell’amato Pavanel. Arrivano sei giocatori dal Ravenna (Thomassen e gli altri) già stagionati che costano ed altri che hanno contratti anche più onerosi (da Allegretti a Motta). Di quelli stipendi non riceveranno nemmeno la metà (dell’importo) dal curatore fallimentare.
Gli abbonati sono poco meno di tremila, allo stadio ci vanno in cinquemila ma la squadra funziona solo nel primo mese. Il rapporto con la città funziona anche meno nonostante l’accoglienza di sindaco e assessore e l’ingresso in Cda di un vicepresidente di Confindustria come Vittorio Pedicchio (che si dimette dopo un mese) e di un rappresentante dei tifosi. Il quartier generale di Aletti è l’hotel Daneu (che poi fallirà). Lì sono ospiti il mister (anche Galderisi che subentra a novembre a Discepoli), la squadra prima dei match casalinghi e anche i giornalisti per le conferenze stampa con alcuni dei quali il nostro se la prende dopo le “baruffe” con la signora De Angelis. Il tutto fa parte del personaggio irruente e convinto della propria parte con un pedigree da imprenditore in Lombardia, che ha saggiato l’esuberanza romagnola (l’ex moglie ha un albergo in riviera) e sul piano sportivo è stato vicepresidente del Cesena in pochi anni passato dalla C alla serie A.
Ma i risultati non arrivano, i creditori incalzano e per tenere buona la piazza gli acquisti presunti si chiamano Conor Morissey (che non ha mai giocato) e l’argentino Gaston Peralta mai arrivato.
Aletti a dicembre viene ricoverato a Cattinara. Le malelingue e forse non a torto pensano a una finzione ma le malattie incalzano. Chiama anche la figlia Elisa che dà una mano all’ufficio stampa dell’Unione. Si fa portare in contanti qualche decina di migliaia di euro. Si rivede anche con la sua ex in un tourbillon di voci e di presunti rilanci (il centro sportivo per l’Unione). Quando arriva davanti al giudice fallimentare chiede delle settimane di tempo dicendo che sta trattando la cessione dell’Unione. La storia finisce nel gennaio 2012 con una fuga su una Punto bianca di proprietà della Triestina con in mano delle borse di nylon con gli effetti personali. La fuga è finita ieri. La terra gli sia lieve. Ma Trieste non dimenticherà.
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