All’asta il marchio Duke E lo stato passivo aumenta

A oggi quasi 7 milioni di rosso destinati a salire ancora, a breve l’udienza tardiva richiesta da ulteriori creditori che si sono fatti avanti dopo il fallimento
Di Gabriella Ziani
Lasorte Trieste 12/10/12 - Via di Muggia, Stabilimento Duke, Presidio Lavoratori
Lasorte Trieste 12/10/12 - Via di Muggia, Stabilimento Duke, Presidio Lavoratori

A un anno e più di distanza dal fallimento della loro fabbrica i 54 ex dipendenti della Duke, il prosciuttificio andato a gambe all’aria il 14 febbraio 2013, riceveranno finalmente, in conformità a quanto assunto dall’Ufficio fallimentare e in primis dal giudice delegato Giovanni Sansone, stipendi e trattamento di fine rapporto arretrati. Il curatore fallimentare Emilio Ressani prevede per fine marzo o inizio aprile il primo pagamento nell’ambito degli ingenti debiti che l’azienda nata nel 1966 in Ezit si è lasciata alle spalle. Non solo, lo stato passivo certificato che a oggi è di oltre 6,9 milioni potrebbe a breve aumentare «forse anche di altri milioni» afferma Ressani, perché il 1.o aprile è fissata un’udienza cosiddetta “tardiva” richiesta da ulteriori creditori che si sono palesati nel frattempo, e tra questi ci sono anche istituti bancari.

Si aggrava dunque la situazione mentre nell’arco di un anno sono stati recuperati 2 milioni di crediti, e sono state vendute le attrezzature di produzione, lo scorso giugno, per 290 mila euro. Proprio in questi giorni è uscito un ulteriore bando: il fallimento mette all’asta il marchio “Duke”, si è palesato un possibile singolo acquirente. Il curatore fallimentare è dunque obbligato per legge a fare una “chiama” pubblica per verificare l’esistenza di altri interessati disposti eventualmente a offrire di più. «Ma il marchio di una azienda fallita vale poco, l’offerta è di 10 mila euro - sostiene Ressani -, ed è pervenuta da una persona residente nelle Marche, un amico della precedente proprietà (i Prioglio, ndr) che dunque lo acquista quasi per affetto. Il nome è comunque depositato con vincolo alla lavorazione di prodotti alimentari insaccati, per la quale è stato creato». Il termine per presentare le offerte scade il 24 marzo. Eventuale gara informale si terrà nello studio del commercialista.

Ma ciò che più conta è che finora nessuno ha risposto all’offerta di vendita per gli enormi capannoni dell’ex prosciuttificio, che al contrario della Masè (salvata da imprenditori friulani e attualmente in rilancio) non aveva trovato acquirenti alla fine del 2012, quando la crisi era diventata evidente in tutta la sua drammaticità. «Solo in questi giorni - afferma Ressani - ho avuto più di una manifestazione d’interesse, nulla di più, siamo ancora ai primi approcci». Si tratta di un terreno in area Ezit al di fuori del Sito inquinato, con un capannone di 2.515 metri quadrati non gravato da presenza di amianto, con quasi 14 mila metri quadrati di ulteriore terreno in parte (2700 metri quadrati) edificabile.

Ciò che frena l’arrivo di possibili investitori non è solo il terribile momento economico, sono i vincoli cui è sottoposta l’area Ezit, con obbligo di insediamenti solo produttivi e non commerciali, cosa che ha già mandato su tutte le furie il presidente Dario Bruni, a capo di una Ezit in serie difficoltà economiche, di fronte a un rilancio industriale inesistente, e all’impossibilità di cedere aree e strutture per imprese commerciali. I commercianti in primis mettono barriere. Dunque vedremo chi sta bussando quali intenzioni ha, e se resterà.

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