L’anno nuovo, la cicala e la formica

Trieste, Gorizia e Monfalcone si apprestano a un 2026 che è ben più di un anno di transizione: su queste terre nei prossimi dodici mesi si getteranno le basi per scelte importanti

Alberto BollisAlberto Bollis
Una veduta su Trieste e il porto (Silvano)
Una veduta su Trieste e il porto (Silvano)

Essere ottimisti è senz’altro una dote. Eccedere con l’ottimismo, invece, non è salutare: porta a bruschi risvegli e a sogni infranti. Ed è per questo motivo che il nuovo anno va affrontato con un solido ancoraggio ai princìpi della realtà e dei fatti. Trieste, Gorizia e Monfalcone, tutto il Friuli Venezia Giulia, si apprestano a un 2026 che è ben più di un anno di transizione: su queste terre nei prossimi dodici mesi si getteranno le basi per scelte importanti, con conseguenze a lunga gittata.

Prendiamo Trieste, città che il suo primo cittadino continua a ritrarre già perfetta. Roberto Dipiazza fa il suo sacrosanto mestiere e nessuno può e vuole disconoscere la passione e la dedizione che hanno contrassegnato i decenni del suo mandato. Però un conto è esaltare l’attuale fase positiva attraversata dalla città, un altro è dribblare, sminuendoli, gli incagli a cui Trieste sta andando incontro. Per essere più chiari e diretti, scomodiamo pure la favola esopica della cicala festaiola e della formica laboriosa e previdente: in riva all’Alto Adriatico si canta e si balla, godendo i benefici di una congiuntura favorevole, senza prestare la dovuta attenzione ai segnali di serie criticità incombenti.

L’azzardo di un’economia sbilanciata sulle effimere fortune del settore turistico è uno di questi aspetti problematici: siamo certi di volere una città dove a ogni foro commerciale corrisponde un bar, un pub, una piadineria? Quale offerta occupazionale stiamo coltivando e quale l’attrattività nei confronti dei giovani triestini, del resto d’Italia e d’Europa?

Tanto più che la vertiginosa crescita del business dell’ospitalità paga gravi lacune: Trieste richiama frotte di turisti (1,6 milioni nel 2025, l’ultima stima) nonostante collegamenti ferroviari inadeguati, carenza cronica di parcheggi, ancora modesta proposta alberghiera. Ci sono le crociere che ormai movimentano in banchina circa 400 mila persone all’anno, eppure non esiste un’idea relativa a un terminal passeggeri adeguato.

Che ci sia lentezza esasperante nella realizzazione di opere, quand’anche addirittura mancanza di progetti, è testimoniato dai dieci anni – trascorsi quasi invano - dalla sdemanializzazione di Porto Vecchio.

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Per non parlare di chimere quali il parco del mare, i park sotterranei sulle Rive, la ricostruzione della piscina terapeutica di Campo Marzio, l’incredibile e paradigmatica vicenda del tram di Opicina. E siamo sulla buona strada (si fa per dire) con la controversa ovovia, per la quale l’attuale amministrazione municipale continua a spendere pervicacemente energie, denari, tempo, credibilità.

La domanda che nessuno sembra avere intenzione di porsi è: quale Trieste immaginiamo fra dieci, venti o più anni? Quale eredità lascerà la nostra generazione ai posteri?

Nel 2026 Roberto Dipiazza avrà la non facile missione di dare una svolta al finale del suo incarico: gli auguriamo di saper ascoltare davvero la voce della città che tanto ama e che è stato in grado di interpretare forse come nessun altro. Non è troppo tardi per rivolgere più attenzione all’imprenditoria, all’università, all’inestimabile giacimento di scienza e cultura finora sfruttato in minima parte. Si spera che possa avere forza e lucidità sufficienti per affrancarsi da chi potrebbe avere l’intenzione di volerlo solo strumentalizzare a fini personali.

A dare una mano al sindaco potrebbe concorrere la Regione, guidata da Massimiliano Fedriga che nel 2026 inizierà a scrutare l’orizzonte: tutte le vie gli sono aperte. Sceglierà il partito? Ancora l’amministrazione locale? Il rientro a Roma con ruoli di governo? Forza, governatore: ci sorprenda.

Un altro capitolo triestino, collegato stavolta a Monfalcone, riguarda il sistema portuale, sulla cui tolda è di recente salito un comandante che ha compiti di rilancio, dopo un anno e mezzo trascorso alla cappa: nel corso del 2026 il presidente dell’Autorità, Marco Consalvo, potrà far vedere di che pasta è fatto, tanto più se imbarcherà al suo fianco un timoniere, leggi segretario generale, che gli garantisca l’imprescindibile supporto operativo. C’è da ridare competitività ai due scali, trattare alla pari con i colossi del settore, completare le poderose opere infrastrutturali già ben impostate.

Per Monfalcone il tema del 2026 ha un doppio ed esplosivo innesco: i rapporti con Fincantieri e con l’ormai radicata comunità asiatica. Se si accende anche una sola delle due micce, il rischio è che scoppi tutto. Probabile che ci sia, su piazza, chi ha voglia di giocare con il fuoco. Qui servirebbero artificieri con grandi doti di mediazione, di rispetto reciproco e di generale attitudine al dialogo. L’arduo compito spetta al Comune: riuscisse a gestire questo delicatissimo passaggio, il sindaco Luca Fasan potrebbe passare alla storia. Nessuno ce l’ha fatta finora: si scrolli di dosso pregiudizi e interessi politici e ci provi. Buona fortuna.

Infine, Gorizia: in uscita dall’anno da Capitale europea della cultura in abbinata a Nova Gorica, il capoluogo isontino ha l’obiettivo dichiarato di consolidare il patrimonio di visibilità accumulato con Go!2025. Rodolfo Ziberna sembra aver trovato un buon ritmo e si direbbe che ormai ci provi gusto. In più, ha appena pescato il jolly che non ti aspetti: galleria Bombi, addobbata a festa con il coloratissimo Data Tunnel, è diventata all’improvviso un portentoso fenomeno acchiappaturisti. Si faccia ben consigliare, eviti passi più lunghi della gamba: il resto, ne siamo convinti, verrà da sé. —

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