Anziani, l'idea di Trieste Vendete casa per pagare la badante
Nel capoluogo giuliano l'amministrazione comunale ha chiesto appoggio ai notai per convincere chi non ha eredi a utilizzare la formula della nuda proprietà. Una soluzione estrema per far fronte a spese spesso improponibili per molte famiglie

TRIESTE. Il Comune ha chiesto collaborazione ai notai per convincere gli anziani che vivono da soli e non hanno più con che cosa pagare la badante a vendere la nuda proprietà della casa, se ne sono i fortunati proprietari. Ultima spiaggia di fronte a spese indispensabili e insostenibili.
È questa una fotografia inedita del problema che angoscia moltissime famiglie, in una città dove pure l'assistenza non manca (11% di cittadini over-65 con assistenza domiciliare, Fondo per l'autonomia possibile /Fap dalla Regione, Comune che ha aumentato del 14% la già alta spesa per il sociale). Ma i costi privati rimangono altissimi. Per casa di riposo o badante sono pari se non superiori alla pensione della persona che chiede assistenza. Altre soluzioni? Nessuna.
Lo dicono gli stessi responsabili del welfare. La città-laboratorio non è stata in grado di varare progetti già sperimentati (condominio solidale, case-alloggio con servizi) o meglio ancora idee nuove. C'è chi propone di convenzionare le case di riposo private: anziché chiudervi dentro gli anziani (circa 3000), mandare fuori, nelle loro abitazioni, il personale di assistenza. Ma intanto le badanti dell'Est diventano ogni giorno più preziose, in tutti i sensi. Ci sono figli che fanno prestiti in banca, altri, impoveriti dalla crisi, che fanno invece conto sull'eredità dei genitori.
Casa compresa. Vendere? Guai. È lite. La povertà si mischia con l'avidità. Ci sono battaglie in famiglia e minacce di divorzio, perché tra moglie e marito s'insinua lo stipendio della badante per genitori e suoceri. «A Trieste il Comune ha 800 assistiti per pasti e servizi domiciliari e 800 persone che ricevono il Fap - afferma l'assessore al welfare Carlo Grilli -, ma abbiamo domande per 10 milioni di euro, e dalla Regione ne riceviamo la metà».
Se uno possiede una casa, il Fap poi non lo prende, perché valgono gli indici Isee, e ha giusta precedenza chi non possiede. Non gli resta che vendere appunto la casa. D'altro canto chi ha la badante pagata "in nero" è tagliato fuori dagli aiuti pubblici. In questa griglia cresce l'angoscia. Dice Adele Pino, assessore al lavoro della Provincia (che gestisce uno "sportello badanti"): «La badante costa meno della casa di riposo, ma spesso con la propria pensione non si riesce a pagarla, le persone dovrebbero attingere ai propri risparmi, e a volte hanno resistenza psicologica».
«Io conosco una persona che ha dovuto vendere la propria casa per pagare badanti ai genitori» dice Augusto Debernardi, sociologo, già direttore dell'Itis, che il 4 marzo con Confconsumatori, Movimento cristiano lavoratori e Iniziativa europea terrà il seminario «Budget di cura individualizzato e autogestito» (sala conferenze in Campo San Giacomo 10 alle 16.30). Debernardi contesta il concetto di legge dei «civilmente obbligati» a pagare, perché è «forma di impoverimento a catena». È favorevole al «budget personalizzato di cura», usato da anni all'Azienda sanitaria. Grilli: «Ma la gente non può sempre delegare ad altri la cura delle persone». Chi ha una casa dunque la venda. E tutti imparino a fare un po' da sé. A ogni età.
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