Appartamento chiuso a chiave ma con dentro il bebè e l’amico

Era uscita di casa per andare a fare colazione lasciando il suo bambino, di 3 anni, e un amico, che ancora dormivano, chiudendo a chiave la porta d’ingresso. S’era allontanata con una ragazza che, come il giovane uomo, s’era fermata la notte dopo aver trascorso insieme la serata.
La donna, P.G., allora 25enne, di origini rumene ma da anni residente a Monfalcone, era rientrata nella sua abitazione dopo oltre 5 ore. È finita a processo, con le ipotesi di accusa di abbandono di minore e sequestro di persona. In udienza, al Tribunale di Gorizia, davanti al giudice monocratico Marcello Coppari, è stato ascoltato l’ultimo teste, un vigile del fuoco.
Era il 2 aprile 2015. I pompieri erano intervenuti per un’apertura porta. Il teste ha riferito della sorpresa di aver trovato nell’appartamento l’uomo con il bambino, all’interno «bottiglie di birra e mozziconi di sigarette nei posacenere, si vedeva che la sera prima c’era stata una festicciola», ha riferito. Ha escluso, invece, elementi riconducibili al consumo di stupefacenti. Quella mattina la giovane madre aveva lasciato dormire il suo piccolo e l’uomo, A.F., uno scatto di chiave nella serratura e le due donne avevano raggiunto un bar a quattro minuti di cammino.
Al risveglio, l’uomo aveva scoperto di essere solo con il bambino, erano rimasti chiusi dentro. Intanto il piccolo destatosi poco dopo aveva iniziato a piangere. Una situazione non facile, peraltro senza esperienza in fatto di bambini. L’uomo avrebbe dovuto andare al lavoro. Aveva chiamato la madre, dopo un primo contatto non era più riuscito a comunicare con la donna che tardava a rientrare. Finché aveva telefonato a un amico, in cerca di aiuto. Giunto sotto casa, l’uomo gli aveva chiesto di andare a cercare la madre. Rintracciata nel pubblico esercizio, la giovane era stata invitata a tornare nell’appartamento. Cosa che aveva fatto dopo oltre 5 ore.
Nel frattempo erano intervenuti i vigili del fuoco e i carabinieri. Da qui le denunce, procedibili d’ufficio, per abbandono di minore e sequestro di persona. Una posizione delicata vista la portata delle contestazioni. L’uomo, in aula, parte offesa nel processo pur non costituitosi a giudizio, ha ricordato la vicenda: «Erano passate ore, stavo impazzendo», ha spiegato.
Il legale difensore d’ufficio, avvocato Stefano Podlipnik, ha osservato: «La ragazza li aveva lasciati dormire, maturando solo dopo l’idea di voler fare all’amico uno scherzo, un pesce d’aprile. Ha sicuramente sottovalutato la gravità del suo comportamento e della situazione, evidentemente non s’era resa conto fin dove s’era spinta. Tuttavia – ha aggiunto il legale – il comportamento assunto per quanto si possa discutere, non integra la condotta di abbandono in quanto non è mai derivato uno stato di pericolo per il piccolo, stante la presenza di un adulto in casa. Non è sufficiente che vengano meno gli obblighi assistenziali, dev’essere anche riscontrata una circostanza di effettivo rischio».
Il difensore ha voluto spiegare: «La giovane sta crescendo da sola il bambino. Dopo il fatto era stata accolta dalle suore, risulta che abbia mantenuto un ottimo rapporto con il figlio trascorrendo con lui molto tempo. Il bambino era sereno, legato alla mamma, e in buonissime condizioni». —
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