Arbo: «Qui dimensione più umana ma poca gente»

Mediamente, torna a Gorizia ogni tre mesi, da Strasburgo, dov’è ordinario di musicologia al locale ateneo. Il cordone ombelicale con il loco natio non si è quindi interrotto e non solo perché vi abitano ancora genitori, fratello, amici: quello che prova per la città è un affetto vero, peraltro ricambiato dai goriziani. Alessandro Arbo si è laureato in filosofia a Trieste, ma a Gorizia, per esempio all’Istituto di musica, ha compiuto i primi studi. «Sì, con la città ho ancora un forte legame e farvi ritorno è sempre piacevole – racconta –. Aver vissuto a lungo in quell’angolo di Mitteleuropa, essere stato a contatto con certe tradizioni, con un’identità di frontiera mi appartiene, ha finito per far parte dell’identità mia. Gorizia permette di stare in mezzo ad altre lingue, di aprirsi ad Est e credo che, paradossalmente, proprio in quanto città ai margini, di dimensioni non notevoli e priva di un reale flusso turistico, possieda una bellezza per il suo carattere appartato, solitario, e che finisce per favorire la creatività, il lavoro».

La città, tuttavia è cambiata. «Da un punto di vista urbanistico è migliorata – afferma Arbo –. Piazza Vittoria, per esempio, sarà anche una spianata d’asfalto, ma la trovo più bella rispetto al caos che c’era prima. Purtroppo, sì, la città si è svuotata: penso alla fine degli anni ’70, agli ’80 e ai primi ’90. C’era più vita, c’erano più negozi. Oggi, anche per acquistare i prodotti più banali occorre spesso uscire da Gorizia. E credo che ci fosse anche una vita culturale nel complesso più intensa: penso alle iniziative piene di passione che organizzava Icm, penso ai concorsi Lipizer e Seghizzi, all’epoca fortemente vissuti dalla città». Ad ogni modo, che fare? «Non basta un rilancio esclusivamente basato sull’attività culturale. E poi di iniziative culturali mi sembra che, comunque, ce ne siano parecchie: il problema è che la gente è sempre di meno – riflette Arbo –. Ci vorrebbe, piuttosto, un maggior numero di attività commerciali, forse artigianali, capaci di attirare più gente e più giovani. In questa prospettiva, la presenza universitaria in città andrebbe potenziata. In ogni caso, credo sia necessario promuovere l’idea che Gorizia offre, rispetto ad altre città, una dimensione più umana del vivere». –

A. P.

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