Ascensore e pannelli solari per 24 nuovi alloggi Ater a Trieste

Si chiamava all’inizio del Novecento “Istituto comunale abitazioni minime” (Icam), gli appartamenti di edilizia popolare erano infatti al massimo dei bilocali, ma l’architettura sobria, solida ed elegante, le scale in pietra di Aurisina, la ringhiera interna in ferro battuto godevano della ricchezza naturale dello stile del tempo. Che oggi, in via del Prato e in via Fogazzaro, due tranquille vie alberate proprio a valle dell’Università, è veramente risorta con uno di quei restauri che quasi solo l’Ater è in grado di fare con tanta frequenza, in questo caso godendo ancora di un finanziamento regionale datato 1991, epoca di soldi più grossi, che soltanto a Trieste ha consentito finora il ripristino di ben 1000 appartamenti sparsi per la città.
Ieri l’Ater ha inaugurato le due palazzine dove dal 1.o dicembre 24 nuovi inquilini in lista d’attesa potranno fare ingresso, 16 ai vari piani di via del Prato (appartamenti da 60 a 95 metri quadrati) e 8 sul lato piccolo di via Fogazzaro (da 50 a 70 metri), palazzine unite sul retro da un prato interno con panche in pietra. Altre due case dell’isolato ex Icam costruito fra 1911 e 1912 erano state rifatte nel 2007, ulteriori due stanno per aprire il cantiere in via Gemona e in via Gradisca per ulteriori 78 appartamenti.
Imponenti i lavori di restauro per conservare intatti i muri storici, i motivi decorativi, i davanzali, i marcapiano, le lavorazioni degli intonaci, le rampe di scale e le ringhiere in ferro battuto. Gli edifici sono stati di fatto svuotati e ricostruiti all’interno, aggiungendo l’ascensore e il vano caldaia per riscaldamento centralizzato con computo individuale dei consumi, più pannelli solari sul tetto e isolamento termico “interno”, i solai sono stati rifatti in latero-cemento al posto del legno tarlato, mentre il legno dei tetti era ancora in buono stato. Ogni alloggio ha anche una propria cantina-deposito al piano rialzato, con porte forate, così che sia possibile il controllo di quanto depositato all’interno. Tutto ciò è durato tre anni di lavori e si è tradotto in costi elevati: 103 mila euro ad appartamento, per un totale di 2,7 milioni di euro totali (compreso il trasloco in altro alloggio degli ultimi inquilini rimasti).
«Siamo orgogliosi di questo restauro, queste case sono un pezzo di storia» ha detto ieri Claudio Serafini, presidente regionale dell’Ater fino a questo dicembre dopo che la Giunta Serracchiani ha ribaltato la riforma Tondo che aveva deciso di unificare il sistema con un vertice unico, e che dunque riporterà dal 2014 in ogni capoluogo di provincia un proprio amministratore (azzerando però i rispettivi consigli di amministrazione). Per Serafini e il nuovamente direttore della sede Ater di Trieste, Antonio Ius, «è stato un restauro esemplare, con tutti i migliori criteri per assicurare grande vivibilità alle famiglie, pur salvando la struttura originale degli edifici».
Gli appartamenti ex Icam (poi Iacp, poi Ater) in questa zona si erano molto degradati, con perdite dal tetto e dalle tubature, oltre a essere piccolissimi e non più funzionali. Gli inquilini via via non sono stati sostituiti e agli ultimi rimasti è stato procurato un nuovo alloggio. Purtroppo i prossimi due saranno gli ultimi interventi finanziati dalla legge del 1991, che assegnava fondi con cadenza biennale proprio per lo scopo di rimettere in sesto proprietà delle Ater. Del 1995 i primi appartamenti rimessi a nuovo a Trieste.
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