Basso: «Osiamo per stare al passo con la velocità dei cambiamenti»

Ha cantato a New York e Buenos Aires, la attendono Roma, Parigi e Mosca. Il mezzosoprano Romina Basso, voce di riferimento del barocco, è nata e vive a Gorizia. Della sua città, dove ha iniziato gli studi all’Istituto di Musica sostenuta da Elena Lipizer e Cecilia Seghizzi, parla con autentico affetto. «Ho scelto di rimanere a Gorizia, nel piccolo rione accarezzato dall’Isonzo, accanto alla mia famiglia. Ho scelto di ritornare qui dopo ogni mia esperienza lavorativa, di godere della vista dal Castello e di scrutare il verde cangiante del fiume. Non me ne sono mai pentita perché la mia gorizianità è rappresentata anche da un senso di stabilità equilibrata e consapevole concretezza che, certo, deriva dalla mia educazione familiare ma anche, ne sono convinta, dall’essere nata in questo luogo in cui discrezione e una non ostentata eleganza erano, per me, tratti distintivi».
Se, tuttavia, la passione di Romina per la propria città è fuori discussione, i mutamenti che stanno caratterizzando il Goriziano non trovano, in lei, un accorato entusiasmo. «Io non solo a Gorizia vivo, ma la percorro in lungo e in largo, la respiro, l’ascolto, la osservo e cerco: spesso non trovo. Fedro diceva che “la sincerità suole portare alla propria rovina” ma, con quella stessa sincera semplicità grazie alla quale la mia voce riesce a toccare la sensibilità di molti, mi sento di non far finta di non vedere un pericoloso declino. Cosa non trovo? Alcuni negozi storici e con essi le persone che quei luoghi hanno reso speciali, i ricordi, i profumi, i sorrisi (e qualche volta anche i nostri tipici mugugni quando si usciva senza acquistare nulla!). Non trovo una Tav: Gorizia è l’unico capoluogo di provincia in regione non ancora raggiunto dall’alta velocità e per chi deve muoversi su lunghe percorrenze o raggiungerci da lontano questo è un problema non da poco. Soprattutto, non trovo più l’industria e l’indotto socio-economico che ne consegue. Nei decenni dopo la Prima guerra mondiale fino ad una cinquantina d’anni fa, il settore tessile dava lavoro a più di tremila persone; il metalmeccanico esportava il nome di Gorizia inciso sui propri macchinari dalla Russia alle Americhe; la dolciaria dava un’ampia opportunità lavorativa a tante giovani donne. E questi sono solo tre esempi che estrapolo dalla miriade di piccole realtà industriali che hanno reso viva questa città».
E se Romina, sorridendo sorniona, dice di essere «solo una signora di mezza età che ha fatto della musica, arte assolutamente aleatoria per i più, il proprio mestiere», in lei c’è anche «la profonda consapevolezza di conoscere la realtà goriziana». Quindi? «Penso che per ripopolare una città e per indurre le giovani generazioni a non scappare non bastano le adunate gastronomiche. La cultura educa gli spiriti e sprona ad imparare: storia, architettura, linguistica, filosofia, musica, sport, giornalismo, fisica hanno avuto ed hanno rappresentanti goriziani nel panorama internazionale».
Che fare, allora? «Smettiamo di dire no se pol e osiamo per stare al passo della velocità con cui il mondo cambia».–
A. P.
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