Biennale diffusa, "Porto Vecchio la città di tutti"

Sgarbi dà il via alla mostra al Magazzino 26: "Usiamola, quest’area non resti una Pompei"

TRIESTE. Trieste si è letteralmente buttata dentro. Si è aperto ieri il Porto vecchio. La scommessa, riuscire a tutti i costi a mettere in piedi la Biennale diffusa al Magazzino 26, è stata vinta con equilibrismi e fatiche, nemmeno finiti, ma ieri pomeriggio la gente è accorsa come sul miele, e Vittorio Sgarbi (arrivato con molto anticipo sull’ora dell’inaugurazione) è diventato il padrone di casa di quel recinto che il già sindaco Dipiazza ha poi con felice battuta chiamato «la città proibita».

Ingresso a invito alle 18, ma la sala convegni non riusciva a contenere tutti, artisti compresi (172 in mostra), i parcheggi costruiti in una settimana erano pieni già mezz’ora prima. «Il Porto vecchio è un luogo superbo, ed era la spina nel fianco degli amministratori - ha detto il critico -, serviva un modo per accelerare i tempi». Considerato che proprio Sgarbi, nel 2001 da sottosegretario, fece istituire il vincolo sui magazzini, ecco che 10 anni dopo è tornato a Trieste per il primo «sfondamento» del muro, e che se potesse resterebbe lì a proseguire l’opera: «Lo spazio nelle città è finito, chi costruisce anche solo un metro cubo a Trieste ma non in Porto vecchio è un deficiente, qui si può far tutto, case, alberghi, cinema, perfino un ospedale, se serve, apposta ho pensato a “vincoli dinamici”, perché non sono edifici rinascimentali, qualche finestra se serve bisogna poterla aprire».

E dunque di queste Biennali in tutti i capoluoghi di regione e in otto città d’arte (l’atto spericolato con cui Sgarbi dal Padiglione Italia della Biennale veneziana ha chiamato a raccolta 2000 artisti), «quella di Trieste è la più bella, quella che mi è più cara». Lo ha detto anche alla folla che nemmeno una sala vasta come son vaste quelle dell’ex magazzino riusciva a contenere per intero, leggendo a uno a uno i nomi di tutti gli artisti.

Cerimoniere è stato Luca Fantin, il direttore immobiliare della De Eccher, uno dei due concessionari del Porto vecchio. Il presidente di Portocittà, Antonio Rigon, il sindaco Roberto Cosolini, Maria Teresa Bassa Poropat, presidente della Provincia, il prefetto Alessandro Giacchetti, il direttore dei Beni culturali Giangiacomo Martines, l’ex sindaco Roberto Dipiazza, la presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi, e poi Antonio Paoletti, capo della Camera di commercio, e Giorgio Rosso Cicogna per l’Ince, e Marina Barbotti per l’associazione culturale Biennale Porto vecchio: da ciascuno il racconto di come a tutti i costi si sia voluto in queste circostanze superare difficoltà, diversità, ostacoli, mettendo da parte il più tipico piatto triestino, l’ormai indigeribile «no se pol».

Anche Pietro Colavitti, l’organizzatore per conto di Sgarbi, che ha sofferto le sue pene in questo periodo, ha voluto dir qualcosa: ha proposto la civica benemerenza per il critico. Che comunque «triestino» già si sente, «se non onorario, onorato». E fa suo lo slogan: «Porto vecchio da città proibita a città democratica, dei cittadini e degli artisti». Dove mettere adesso la proposta dell’assessore regionale De Anna, che qui non finanzia ma vuol creare un centro per l’arte contemporanea? «De Anna - risponde Sgarbi - ha sbagliato tutto, se vorrà pentirsi vedremo, ma intanto non può mettersi contro di me senza nemmeno chiamarmi al telefono, e per di più dire che quanto faccio io non vale niente e vale invece l’idea sua. Trieste ha già un museo di arte moderna, il Revoltella, uno dei più belli d’Italia. De Anna studi, e parli con chi sa».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo